Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera - Estratti
SILVIO BERLUSCONI TONY BLAIR CON LA MOGLIE CHERIE
Sulla scrivania, tra la sua immagine trasformata in personaggio dei Simpson e la foto con Nelson Mandela, Tony Blair ha le copie del suo ultimo libro in uscita oggi in tutto il mondo, On leadership. Rispetto ai dieci anni a Downing Street (1997-2007), e al tempo delle sue tre vittorie elettorali consecutive, ha meno capelli ma è più magro. Sorride –— «mio padre mi ha insegnato a essere gentile con tutti» —, ma invita a cominciare subito.
Tony Blair, lei scrive che i conservatori sono diventati populisti, non solo in Inghilterra. Però vincono. In Italia sono al governo. Negli Stati Uniti hanno vinto nel 2016, e possono rivincere a novembre. Come mai?
«Ci sono diverse forme di populismo. C’è chi sfrutta il disagio della gente, per farla arrabbiare ancora di più. E c’è chi vuole essere popolare. Ma la vera responsabilità è nostra».
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Che succede se Trump rivince a novembre?
«Wait and see. Aspettiamo a vedere come va a finire. Il mio istituto ha lavorato in Medio Oriente durante l’amministrazione Trump, e abbiamo assistito a un grande accordo tra Israele e i Paesi arabi».
Ma dal Medio Oriente l’America di Trump appariva in ritirata.
«A lungo termine, l’America tornerà a impegnarsi in Medio Oriente. In Africa già lo sta facendo. E alla fine l’Europa andrà con l’America».
Ma le democrazie occidentali non stanno forse perdendo la guerra politica con le autocrazie?
«All’apparenza la stagione dell’uomo forte è in pieno rinascimento. Dietro la Russia c’è la Cina; e l’alleanza a volte coinvolge la Corea del Nord e l’Iran. Ma non finirà così. L’America resterà la prima potenza mondiale. E la stragrande maggioranza dei Paesi in cui si vive meglio sono democrazie».
Eppure lei stesso fa notare che lo scetticismo nei confronti della democrazia è espresso anche da molti cittadini di Paesi democratici.
«È vero, perché la politica appare a volte stagnante, non riesce a gestire i cambiamenti. Ma le persone che vivono nelle autocrazie vorrebbero poter scegliere il loro governo. Vorrebbero venire nei Paesi democratici».
Sta dicendo che Russia, Cina, Iran, Corea del Nord non vinceranno la guerra politica contro la democrazie?
«Non vinceranno mai. Le democrazie prevarranno. Ma dobbiamo essere abbastanza forti da poter affrontare qualunque cosa emerga, in particolare dalla Cina. Ho sempre creduto e credo alla necessità di avere un rapporto con la Cina, di non isolarla. Ma vedo che il sistema politico di Pechino, sotto l’attuale leadership, si è mosso in modo ostile all’Occidente; il che ha provocato ostilità verso la Cina in America».
Ci sarà un conflitto militare tra America e Cina?
«Credo di no. Ma potrei sbagliarmi. Per questo dobbiamo prepararci a qualsiasi possibilità».
toni e cherie blair al matrimonio di Anant Ambani a mumbai
Lei scrive che Putin attaccando l’Ucraina ha commesso un errore che avrà «conseguenze devastanti» per la Russia. Eppure Putin è ancora al suo posto.
«Putin ha sbagliato i suoi calcoli. Ha pensato che l’Europa si sarebbe rivelata debole, che avrebbe rapidamente perso coraggio, che si sarebbe arresa. Invece l’Europa è rimasta al fianco dell’Ucraina».
Ma molti sostengono che l’Europa e gli Stati Uniti dovrebbero smettere di armare l’Ucraina, perché così si alimenta la guerra.
«È vero il contrario. Sostenere l’Ucraina è il solo modo per arrivare a un accordo. Uno dei motivi per cui il populismo vince è perché la politica tradizionale pensa sul breve periodo, anziché su quello lungo. L’Ucraina non si sta battendo soltanto per se stessa, ma anche per scoraggiare altre aggressioni. Se ci tirassimo indietro oggi, finiremmo per pagare un prezzo incomparabilmente più alto domani».
(…) Nel libro lei appare ottimista persino sulla pace tra Israele e i palestinesi.
«Sì. Perché la guerra di Gaza ha dimostrato una cosa che sono stato tra i pochi a dire sempre, a tutti i leader».
Cosa?
«Che l’unico modo per gestire la questione è risolverla».
Ma come si può far dialogare due parti, Israele e Hamas, il cui scopo è distruggere l’altra?
«Dobbiamo tornare alla soluzione dei due Stati. E la premessa di questa soluzione è l’unificazione della Palestina. Gaza non potrà essere ricostruita se resterà in mano a una forza che vuole distruggere Israele. Gaza deve essere governata da una forza palestinese che non sia Hamas. Senza Hamas, Israele ha tutto l’interesse a cercare la pace».
Ma Netanyahu ha bisogno della guerra per la sua sopravvivenza politica.
«È giusto limitare le distruzioni a Gaza. Ma per avere la pace, occorre che Israele si senta al sicuro. Non solo con i palestinesi; con tutti i Paesi arabi».
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Elon Musk ha scritto che nel Regno Unito, ora a guida laburista, «una guerra civile è inevitabile». Musk sostiene Trump, si muove come il vero capo della destra globale, se non dell’estrema destra. Eppure lei nel libro ne dà un giudizio positivo. Come mai?
«Un conto sono le cose che Musk dice sulla politica; un conto sono le cose che Musk fa come imprenditore, come ingegnere, come innovatore. Musk ha costruito razzi più efficaci di quelli della Nasa, della Cina, della Russia. Ha mandato nello spazio più satelliti che non il resto del mondo. Se oggi in Africa anche le più remote aree rurali sono connesse, così come le settantamila isole che compongono l’Indonesia, lo si deve al suo sistema satellitare Starlink».
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Si comincia a capire che la Brexit è stata un errore. Sarà possibile porvi rimedio? Il Regno Unito tornerà in Europa?
«È una questione di lungo periodo. Io non ho dubbi che il posto del Regno Unito sia dentro l’alleanza politica europea, perché è il nostro continente, la nostra parte di mondo. Ma dopo la Brexit bisogna muoversi con attenzione. Ora c’è un nuovo governo, con un leader pro-europeo, che migliorerà i rapporti».
Vedremo mai gli Stati Uniti d’Europa?
«È una questione di lunghissimo periodo (Tony Blair sorride). Ma credo di sì. Ci saranno tre superpotenze. L’America. La Cina, per quanto la sua popolazione sia in declino, e scenderà a 800 milioni. E l’India, che invece arriverà a un miliardo e mezzo: come la popolazione degli Stati Uniti e dell’Unione europea messa insieme e moltiplicata per due. Qualcosa che facciamo fatica anche solo a concepire. Per reggere il confronto si stanno creando aggregazioni di Stati un po’ dappertutto: nel Sud-Est asiatico, in Africa, in America Latina. Accadrà anche in Europa: in quali forme, è una domanda aperta. L’Europa si unirà per controbilanciare il sistema. E sarà sempre l’alleato chiave degli Stati Uniti».
tony blair - ritratto di Jonathan Yeo
Lei scrive di aver provato gioia soltanto due volte, in dieci anni da primo ministro.
«I momenti di pura gioia sono molto rari in politica. Per me sono legati all’accordo del Venerdì santo per la pace nell’Irlanda del Nord, e all’assegnazione a Londra delle Olimpiadi del 2012».
Che cosa invece non rifarebbe? Le si rimprovera l’appoggio agli Stati Uniti nella guerra in Iraq.
«Restare al fianco degli Stati Uniti era nel profondo interesse del mio Paese. Prendemmo decisioni sulla base delle informazioni allora disponibili».
Ma se potesse tornare indietro?
«Quel che è fatto è fatto. Sia per l’Afghanistan sia per l’Iraq si possono trovare buone ragioni per cui non andava fatto. Ma una volta che è stato fatto, avremmo dovuto restare sulla stessa linea. Per questo ero contrario al ritiro dall’Afghanistan nel 2020».
Lei però scrive che fu un gesto di «hubris», di superbia, pensare di poter «trapiantare la democrazia su un corpo politico non preparato ad accoglierla».
«È così. Ma credo ancora che Saddam Hussein sarebbe stato un grandissimo fattore destabilizzante nel Medio Oriente».
jacques chirac tony blair gerhard schroeder romano prodi silvio berlusconi jose zapatero roma 2004
Lei riconosce però anche di essere diventato impopolare.
«È il destino di ogni leader: all’inizio sei meno capace e più popolare. Con il tempo diventi molto più capace, e molto più impopolare. È accaduto anche a me. Gli ultimi anni da premier sono stati decisamente migliori dei primi. Salario minimo, riduzione della povertà, investimenti nella sanità… Il mio errore è stato non difendere la mia eredità. Ho imparato che bisogna farlo; perché nessuno lo farà al posto tuo».
Davvero quando era primo ministro non aveva un cellulare?
«Davvero. Non l’ho mai voluto, con mia grande soddisfazione».
rose hanbury tony blair marina hanbury
E come faceva?
«Se dovevo prendere una telefonata, la prendevo. Ma mi colpisce la disinvoltura con cui oggi molti leader usano Whatsapp, Telegram, Signal e varie piattaforme per comunicare. Non mi sembra sicuro».
Che ricordo ha della regina Elisabetta?
«Una persona straordinaria, con una straordinaria devozione al dovere. Metteva la propria funzione sopra qualsiasi cosa, compresa se stessa».
Quando morì Diana le cose sono andate proprio come nel film «The Queen»?
«Non lo so. Non ho visto il film».
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E di Silvio Berlusconi?
tony blair nancy dell olio sven goran eriksson
«Quando due primi ministri lavorano insieme, importa poco di quale partito siano. La cosa fondamentale è la fiducia. Berlusconi era considerato un personaggio controverso. Ma con me, quando diceva una cosa, la faceva».
Questa è una notizia.
«Ad esempio mi aiutò proprio sulle Olimpiadi, spostando l’appoggio italiano dalla Francia all’Inghilterra».
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«Un leader non deve dire alla gente quel che la gente vuol sentirsi dire», lei scrive. E fin qui sono tutti d’accordo. Ma poi aggiunge: «un leader non deve necessariamente dare alla gente quel che la gente vorrebbe avere». E questo per molti leader è più difficile da accettare.
«Henry Ford diceva: se avessi chiesto alla gente che cosa voleva, avrebbe risposto “cavalli più veloci”, non automobili. Il leader non deve pensare a quello che la gente vuole, ma a quello di cui la gente ha bisogno; e convincerla che sia quello che vuole. Altrimenti non è un leader, è un follower».
Lei scrive anche che un leader ha il dovere di essere ottimista.
«Nessuno sale volentieri a bordo di un aereo pilotato da un pessimista. Guardi la parabola del nostro tempo. Le cose stanno migliorando. La storia progredisce. Si vive più a lungo. Paesi molto più poveri di noi sono molto più ottimisti di noi. Il ventunesimo secolo sarà straordinario. Con la rivoluzione tecnologica ci potrà essere più prosperità per tutti. Troveremo tecnologie green per lottare contro il cambio climatico senza danneggiare l’economia. È solo questione di ritrovare la fiducia. E la consapevolezza della nostra vera, immensa ricchezza: la libertà».
blair netanyahu blair renzi silvio berlusconi e tony blair nel 2002 TONY BLAIR GIULIANO AMATO principe carlo tony blair BLAIR REGINA ELISABETTA gordon brown e tony blair al funerale della regina elisabetta madia blair boschi renzi BONO BLAIR PUTIN TONY BLAIR
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