Francesca Caferri per www.repubblica.it
Camicia verde, scarpe da ginnastica grige senza lacci, capelli e barba in ordine, più forti delle foto che abbiamo visto in questi giorni su giornali e tv, Patrick George Zaky appare così di fronte al giudice.
La decisione sull'appello contro l'arresto presentato dagli avvocati dell'Egyptian initiative for human rights (Eipr), l'Ong per cui lavora, è stata presa: Patrick resta in carcere, lo ha dichiarato l'avvocato che lo rappresenta, Wael Ghally. Tutto è rimandato a sabato 22 quando lo studente tornerà in aula per l'udienza sulle accuse.
Patrick in aula è pallido, ha una manetta. Una sola perché l'altra, quella che lo teneva legato a un altro prigioniero, gli è stata tolta prima di entrare in aula. Quando capisce di trovarsi davanti a italiani sorride: "Ciao. Grazie", sussurra. "Come stai Patrick?". "Bene. Tutto bene". Un secondo e poi il giudice ordina silenzio.
La saletta laterale della corte di Mansura è piena. Quattro avvocati, poliziotti, impiegati del tribunale e i rappresentanti delle ambasciate di Italia, Canada e Svezia. Fuori c'è anche un diplomatico americano.
La prima voce che si sente è quella di Huda Nasrallah, la responsabile del team di 4 avvocati che ha preso in carico il caso. Racconta la storia di uno studente di ritorno per le vacanze arrestato per errore, di una pagina Facebook, quella da cui sono stampate le parti centrali dell'imputazione di 10 pagine, e che l'Eipr considera falsa.
Poi tocca agli altri tre e a Patrick: "Sono uno studente. Studio a Bologna, in Italia per il mio master. Voglio solo tornare a studiare". Racconta l'arresto, la paura, la benda che gli copre gli occhi: "Non ho fatto nulla di male".
L'ARTICOLO DI IERI di Francesca Caferri per ''Repubblica''
IL CARCERE
Il 27nne è stato spostato dalla stazione di polizia Mansura II a quella di Talkha: 20 minuti di auto che segnano un netto peggioramento nelle condizioni di detenzione. Nella nuova prigione ci sono 210 detenuti: Patrick divide la cella con cinque uomini, tutti in carcere per rispondere di capi di accusa comuni, e non politici come quelli che vengono contestati a lui. Una condizione di isolamento mentale che rischia di piegare ulteriormente il giovane, già sconvolto dalle torture subite nelle prime ore di detenzione al Cairo.
"Che ci faccio io in mezzo a questa gente? Perché sono qui con questi criminali?", sono le frasi che Patrick ha rivolto alla mamma nell'unico minuto in cui è riuscito a parlarle attraverso una grata. A Talkha infatti i contatti fisici ammessi a Mansura II sono un ricordo: i genitori e la sorella ieri hanno potuto vederlo soltanto da lontano e le buste rossa e verde contenenti il cibo e le sigarette sono dovute passare dalle guardie prima di arrivare al ragazzo.
LA FAMIGLIA
Una situazione che ha prostrato ulteriormente una famiglia già provata: dopo le lacrime della madre e della sorella, ieri a crollare è stato il papà, George Michael, 55 anni, che nei giorni scorsi sembrava l'unico punto saldo del gruppo. "Non capisco che cosa sta succedendo. C'è qualcosa di misterioso in questo caso", ha ripetuto dopo la visita l'uomo, abbandonato sul divano del salottino di famiglia. A preoccupare il signor George sono soprattutto le ingerenze esterne, quelle che invece secondo l'Eipr potrebbero essere decisive per togliere Patrick dalle mani della giustizia egiziana: e in particolare il comunicato del presidente del Parlamento europeo David Sassoli, che ha letto come una presa di posizione potenzialmente pericolosa per il futuro del figlio.
L'ONG
A poco sono valse le rassicurazioni del presidente dell'Eipr, Gasser Abdel Razek: "Stiamo facendo tutto quello che possiamo. Ogni cosa", ha ripetuto ai familiari. La realtà è che ieri anche questo grupposcolo di attivisti impegnato da anni nella missione quasi impossibile di tenere alta la bandiera dei diritti umani in Egitto è uscito devastato dalla giornata a Mansura: i poliziotti li hanno spinti a malomodo fuori dalla prigione e tutti i tentativi di aprire canali di comunicazione con cui tiene in mano il destino di Patrick sono stati finora vani. L'unica notizia positiva della giornata è stata la conferma da parte di Erasmus Mundus che la borsa di studio che gli consente di studiare a Bologna lo aspetterà, quando questa brutta avventura sarà finita.
L'ATTO DI ACCUSA
In fase di presentazione del ricorso, ai quattro avvocati dell'Eipr che seguono il caso sono state chiarite alcune delle accuse rivolte a Patrick: incitamento a proteste non autorizzate contro lo Stato, ma soprattutto pubblicazione di notizie false allo scopo di disturbare la pace sociale. In particolare nel dossier del ragazzo ci sarebbero 10 pagine ricavate da post pubblicati su Facebook, tutti critici nel confronti del governo egiziano e favorevoli alle proteste del settembre scorso.
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