Federico Capurso per "la Stampa"
la smorfia di grillo ipnotizza lombardi e crimi
È quasi sera. I parlamentari del Movimento 5 stelle, alla ricerca di una bussola nello scontro che rischia di portarli alla scissione, si riuniranno a breve in assemblea. I deputati si stanno dirigendo alla spicciolata verso l' aula dei gruppi di Montecitorio e i senatori in conclave a palazzo Madama, quando il video di Beppe Grillo inizia a rimbalzare sugli schermi dei loro cellulari. È un Grillo diverso da quello furioso degli ultimi giorni. Ha compreso, forse per la prima volta, che il partito gli sta franando sotto i piedi: in pochi resterebbero con lui, in molti seguirebbero Giuseppe Conte.
La paura rende il suo sguardo mansueto, il tono conciliante: «Vorrei spiegarmi - esordisce -, perché sento delle dichiarazioni che mi fanno anche male. Forse non le merito». Si mostra come la vittima, di fronte al mondo grillino che dagli eletti agli attivisti lo accusa di aver silurato l' ex premier. Vuole spiegarsi e si rivolge direttamente a loro, ai parlamentari che minacciano di abbandonarlo: «Io sono venuto giù a farvi qualche battuta, lui si è offeso, ma sono battute - spiega riferendosi allo show al vetriolo contro Conte andato in scena davanti ai deputati la scorsa settimana -. Forse è la mia disgrazia».
marzo 2013 bersani in streaming con crimi e lombardi
Nella sua versione, è Conte a essersi «staccato». Sue la responsabilità, «io volevo solo fare il Garante», dice, e «ho agito come dovevo agire: con il mio cuore, con la mia anima e con la mia intelligenza. Non sono il padre-padrone del M5S, sono il papà». La decisione di staccare la spina, però, resta quella, perché «Conte non è la persona più adatta», ribadisce ancora una volta, prima di lanciare un ultimo disperato appello a non abbandonare la nave: «Restiamo uniti, se possiamo. Se poi qualcuno vorrà fare una scelta diversa, la farà in tutta coscienza».
Grillo appare così, per la prima volta dall' inizio dello scontro con Conte, terrorizzato. Fino a ieri mattina era convinto di poter bruciare sul tempo l' ex premier, convocando una votazione lampo su Rousseau per ridare una leadership collegiale al M5S e rincollare così i pezzi di un gruppo in frantumi, ma ben presto capisce che il suo piano potrebbe arenarsi prima ancora di partire.
È il reggente Vito Crimi a fargli capire che aria tira, quando Grillo gli chiede di indire il voto su Rousseau e Crimi gli risponde: «Impossibile». Tornare nelle mani di Davide Casaleggio creerebbe problemi giudiziari, legati al pronunciamento del Garante della privacy, sostiene Crimi. Piuttosto, «pubblichiamo lo Statuto di Conte», gli suggerisce come alternativa, ricevendo da Grillo - secondo indiscrezioni parlamentari - una minaccia di espulsione per direttissima.
La risposta «ufficiale» di Grillo viene affidata ai social e si trasforma in un attacco frontale: Crimi deve autorizzare il voto su Rousseau entro 24 ore, in caso contrario - minaccia il fondatore M5S - sarà «ritenuto direttamente e personalmente responsabile per ogni conseguenza dannosa dovesse occorrere al Movimento».
In quel momento Crimi, insieme a Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri, reagisce paventando la possibilità di dimettersi e, forse, di lasciare anche il Movimento. Crimi, Lombardi e Cancelleri sono i tre membri del Comitato di garanzia del Movimento, l' ultimo organo politico rimasto in piedi, dopo il quale ci sarebbe il caos. Ed è in quel momento che Grillo comprende di dover fare marcia indietro.
In difesa di Crimi, intanto, si schierano i senatori fedeli a Conte: «Vito non merita di essere trattato così», dicono all' unisono. Il clima alla Camera è ben diverso. Crimi e i senatori sembrano un' entità lontana, mentre i deputati, spaesati, non vengono coinvolti.
Molti di loro, adesso, vorrebbero solo abbandonare tutto: «Potremmo andare al Misto», dicono. Gli altri sono spaesati, «non sappiamo niente», protestano nei capannelli che per tutta la giornata si formano nel cortile di Montecitorio.
Stefano Buffagni ne riunisce una dozzina per provare a dare una linea: «Chiediamo a Grillo e Conte di venire tutti e due alla Camera e di spiegarci cosa sta succedendo». Lo ribadirà in assemblea - dove gli unici a prendere le difese di Grillo sono i pochi deputati vicini all' ex ministro Vincenzo Spadafora -, ma la proposta di Buffagni si perde tra chi chiede di mettere al voto lo Statuto di Conte, chi vorrebbe un' ultima mediazione. Ma forse, per tutto questo, è già tardi.