Adalberto Signore per “il Giornale”
mario draghi in conferenza stampa 1
È la giornata del bicchiere mezzo pieno. Con un Draghi che ieri si è presentato in conferenza stampa così fiducioso e ottimista come non lo si vedeva pubblicamente da mesi. Certamente, da prima del voto sul Quirinale, lo snodo che ha politicamente cambiato le prospettive del premier. Non è un mistero per nessuno, infatti, che l'ex numero uno della Bce ambisse a traslocare direttamente da Palazzo Chigi al Colle. Una scalata mai riuscita nella storia della Repubblica e che anche per Draghi - complici proprio i partiti che lo sostengono- è stato come passare sotto le forche caudine.
Una sconfitta che il premier ha incassato con fatica, tanto che per settimane i rumors di Palazzo Chigi raccontavano di un Draghi per nulla disposto a restare premier fino alla scadenza della legislatura, a marzo 2023. Anzi, ci sono state settimane in cui il combinato disposto tra le insofferenze di alcuni pezzi della maggioranza (Salvini in primis) e quelle del premier davano per scontata una crisi di governo entro aprile. Invece, niente. Perché l'invasione russa dell'Ucraina ha congelato qualunque scenario interno. Circostanza di cui ieri ha preso pubblicamente atto anche Draghi.
Che ha parlato non più come un premier in uscita, stanco del suo ruolo e poco disposto ai compromessi. Era andata così, per dire, tra dicembre e gennaio, quando lasciava sostanzialmente intendere di aver esaurito il suo compito. Ieri, invece, il premier si è presentato come un leader pronto a guidare il suo Paese. Ha professato ottimismo e rivendicando i successi ottenuti sul fronte del Covid. Una guerra, ha lasciato intendere, non solo vinta ma anche archiviata. Al punto dal dire addio a green pass e mascherine e mandare in pensione il Cts e la struttura commissariale guidata da Figliuolo.
Un Draghi che non si limita a parlare un linguaggio di ottimistica prudenza, ma che decanta i successi ottenuti come fosse un politico navigato. Sul fronte Covid, infatti, celebrala fine di «quasi tutte le restrizioni» e rivendica la vittoria sulla pandemia (nonostante la curva dei contagi da Omicron faccia registrare un +36% nell'ultima settimana). E poi ringrazia tutti. Ecumenico.
Una parola per il coordinatore del Cts Locatelli, un omaggio al presidente dell'Iss Brusaferro. Poi, un ringraziamento ai ministri di Sanità e Affari regionali, Speranza e Gelmini. E a tutti gli italiani: «Bravissimi, li ringrazio per la pazienza e l'altruismo». Ma la summa dell'ecumenismo arriva quando gli chiedono delle critiche del premier spagnolo Sanchez verso Salvini, Le Pen e Abascal. L'ex Bce non si scompone e sorride. Perché, spiega da politico navigato quale è, «tra questi nomi c'è una grossa differenza» visto che «Salvini sostiene un governo europeista».