Francesco Olivo per "la Stampa"
Matteo Salvini vuole sfuggire al cordone sanitario che gli è stato posto attorno in Europa e per farlo sogna l'unità dei sovranisti. Il momento è decisivo: all'inizio del 2022 si sceglierà il nuovo presidente del parlamento e la Lega è stufa di non toccare palla sulle scelte che contano.
Mateusz Morawiecki marine le pen
A novembre ci si gioca tutto, ma le rivalità italiane emergono anche a Bruxelles. Fratelli d'Italia guarda al progetto con diffidenza e persino fastidio: Giorgia Meloni è la co-presidente del gruppo dei Conservatori e riformisti e confluire in una nuova formazione sarebbe un'avventura senza grandi vantaggi. Il cuore dei problemi che la Lega ha al suo interno si deve cercare in Europa: si può governare a Roma se a Bruxelles e Strasburgo non si conta nulla? È il senso della critica che Giorgetti porta avanti da mesi.
Una situazione non certo nuova, ma che secondo i critici della linea di Salvini sta diventando un problema urgente da risolvere. Come se ne esce? La prima soluzione è entrare nel Partito popolare europeo, la più grande famiglia politica del continente, una ricetta che piacerebbe a Giancarlo Giorgetti e forse pure a Silvio Berlusconi.
Ma Salvini ha detto di no a questa ipotesi, anche con una certa ruvidezza («io entro dove cazzo voglio!»), bollando il Ppe come una formazione succube della sinistra, quindi si apre un'altra strada che porta a Est. Il segretario leghista sta provando a creare un gruppo unico dei sovranisti al parlamento europeo, inglobando quasi tutti quelli che stanno alla destra del Ppe, a partire dai due soci forti, ovvero il premier ungherese Viktor Orban e quello polacco Mateusz Morawiecki, pronti, forse, a spostare le proprie truppe per uscire dall'isolamento.
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
La procedura non è semplice: ogni gruppo deve rappresentare almeno un quarto degli Stati membri, ovvero deve contenere partiti provenienti da sette Paesi. Id ne contiene una decina, Ecr nove. La strategia di Salvini prevede non soltanto di fondere i due attuali gruppi di destra, ovvero Identità e democrazia e i Conservatori e riformisti, ma anche di pescare in un Ppe, che viene considerato in crisi, dal quale ad esempio potrebbe uscire, dopo Orban, il Partito democratico sloveno del premier Janez Jansa.
Al tempo stesso per la Lega sarebbe l'occasione per abbandonare alleati impresentabili come i tedeschi dell'AfD, con simpatie filonaziste. A guidare le trattative sono i leader come ha dimostrato la riunione della settimana scorsa tra Salvini, Orban e Morawiecki, quest' ultimo, però, perplesso di un'alleanza con Marine Le Pen, per le sue posizioni filo Putin. Nella Lega i più attivi sono Lorenzo Fontana e Marco Zanni, il capogruppo che spiega così il progetto: «Il Ppe è spaccato. Le delegazioni di Irlanda e Olanda, guardano a sinistra. Altre, come quella spagnola o francese sono più aperte al dialogo con noi».
Ma nel gruppo c'è chi la vede diversamente: «Non possiamo pensare di essere presentabili se alleati di chi non comprende la necessità di avere un'Ue forte - dice la deputata Gianna Gancia -. Oltretutto come facciamo a stare con chi ancora ha posizioni troppo morbide, per non dire di connivenza, con la Russia?». Fratelli d'Italia tiene il profilo basso, evitando di polemizzare con Salvini, «d'altronde - dice un dirigente - è un altro capitolo del situazionismo leghista».