L’EUROCRAC E’ VICINO? - LA GERMANIA CI CHIEDE RIGORE MA LE BANCHE TEDESCHE HANNO SMESSO DI COMPRARE TITOLI ITALIANI, DISMESSI IN MASSA NEL 2012 - I CRUCCHI NON CREDONO IN NOI NÉ NELLA TENUTA DELL’EURO

L’Italia, quarta economia europea, è per le banche tedesche solo sesta per volume di investimenti - L’esposizione in attività italiane valeva 269 miliardi di dollari all’inizio del 2008, era crollata a 125 miliardi nella fase più drammatica della crisi nel 2012, ma è oggi ai minimi di 124 miliardi di dollari (99,5 miliardi di euro)…

Condividi questo articolo


Federico Fubini per “la Repubblica

 

DRAGHI MERKEL DRAGHI MERKEL

Pochi giorni fa Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, ha gelato di nuovo le speranze di una svolta della Banca centrale europea. In Italia le sue parole sono state accolte con fastidio, non con timore: se c’è un punto sul quale le élite italiane concordano, riguarda la fiducia di poter influenzare la Germania.

 

Si pensa spesso che, a un passo dal precipizio, il più grande Paese d’Europa cederà e offrirà all’Italia una via d’uscita. La convinzione quasi unanime è che l’establishment tedesco non permetterà mai che il governo di Roma finisca in default sul debito e che la terza economia dell’area si trasformi in una nave pirata ai margini dell’euro.

 

EUROTOWER BCE EUROTOWER BCE

L’esperienza del luglio 2012 lo conferma. I dati più recenti invece no. Allora, al culmine del panico, Mario Draghi salvò il sistema grazie a un impegno della Bce sostenuto personalmente dalla cancelliera Angela Merkel. Oggi il linguaggio dei numeri racconta un’altra versione dei fatti. A credere alle loro scelte d’investimento, le banche tedesche hanno tutta l’aria di prepararsi all’eventualità (non alla certezza) di un default italiano.

 

Più in generale, non sembrano affatto credere fino in fondo nel futuro dell’euro. Bisogna infatti risalire al lontano 2002, agli albori della moneta unica, per trovare un grado di esposizione così basso degli istituti tedeschi a sud delle Alpi: appena 100 miliardi di euro. È meno della metà di quanto il sistema del credito della Germania aveva in gioco nella piccola Irlanda prima della crisi. Ciò significa che, senza clamori, il disinvestimento dall’Italia è lentamente proseguito anche dopo che Draghi arginò l’incendio nel 2012 mettendo lo spread su una lunga traiettoria discendente.

 

Trimestre dopo trimestre, la Banca dei regolamenti internazionali registra l’esposizione (stimata in dollari) delle banche di ciascuno dei principali Paesi verso tutti gli altri. Ne esce una narrazione in numeri del grado di fiducia — o del suo opposto — dei diversi banchieri verso ciascuno dei Paesi in gioco. Il quadro non è del tutto negativo per l’Italia.

 

renzi schulz, hollande and merkel in milana renzi schulz, hollande and merkel in milana

Il sistema bancario francese da molti anni è legato a doppio filo con i suoi vicini del Sud, con la punta massima registrata all’inizio del 2008 con una colossale esposizione da oltre 500 miliardi di dollari. In seguito sono arrivati i salvataggi delle banche di Wall Street, il crac di Lehman, la tempesta del debito sovrano e anche i francesi hanno avuto paura che l’Italia non ce la facesse: alla fine del 2011, quando il governo di Silvio Berlusconi esce di scena, l’esposizione transalpina era dimezzata a 248 miliardi di dollari.

 

Da allora però è arrivata la svolta dell’estate del 2012, quando gli spread fra i titoli di Stato hanno iniziato a ridursi, e la Francia è tornata ad affacciarsi finanziariamente in Italia. Lo ha fatto con titoli di Stato, bond privati, azioni, credito a famiglie e imprese, attività reali. Negli ultimi due anni l’esposizione transalpina nel Paese è cresciuta di 120 miliardi di dollari, fino all’enorme quota di 366 miliardi registrati dalla Bri a metà di quest’anno.

 

In parallelo, anche l’esposizione francese verso la Spagna è cresciuta da 100 a 133 miliardi. Trainata da banchieri europeisti come Xavier Musca, il còrso ex sherpa del Tesoro di Parigi e oggi capo dell’internazionale del Crédit Agricole, o come il numero uno operativo di Bnp Paribas Jean-Laurent Bonnafé (ex referente della banca in Italia), dopo la crisi del 2011-2012 la Francia ha scommesso sul futuro dell’euro e del Sud Europa. Oggi un default italiano sul debito pubblico sarebbe per Parigi uno choc di proporzioni intollerabili.

merkel e hollande al vertice ue di milano merkel e hollande al vertice ue di milano

 

Nel frattempo, l’élite bancaria in Germania si è mossa in direzione opposta. Ha continuato ad alleggerire la sua esposizione al rischio di un crac a Roma o di rottura dell’euro. L’Italia, quarta economia europea, è per le banche tedesche solo sesta per volume di investimenti. L’esposizione in attività italiane valeva 269 miliardi di dollari all’inizio del 2008, era crollata a 125 miliardi nella fase più drammatica della crisi nel 2012, ma è oggi ai minimi di 124 miliardi di dollari (99,5 miliardi di euro).

 

Francois Hollande e Matteo Renzi Francois Hollande e Matteo Renzi

Anche le posizioni tedesche in Spagna, Irlanda o Portogallo — i Paesi oggi in ripresa più o meno forte — si sono ridotte o sono rimaste ai minimi dal 2012. Questi numeri raccontano una storia: dicono che i grandi banchieri di Francoforte, Amburgo o Berlino non sono sicuri che l’euro durerà. Quindi non prendono rischi, anzi se ne disfano.

 

Ma con la loro stessa incertezza, dissolvendo i legami finanziari nell’area, rendono il futuro della moneta ancora più indecifrabile. Inoltre, i banchieri tedeschi sono posizionati in modo tale che la vecchia teoria italiana ormai non appare più fondata: la Germania oggi è molto meno vulnerabile di prima a un cedimento sistemico dell’Italia.

EURO CRAC EURO CRAC

 

L’esposizione verso questo Paese è appena il 4% del rischio totale che le banche tedesche hanno verso l’estero. In caso di rottura dell’euro e svalutazione della (nuova) lira, molte imprese tedesche comprerebbero a prezzo meno caro i componenti made in Italy di auto o macchinari made in Germany poi destinate alla vendita in Cina o negli Stati Uniti. Poche imprese tricolori sarebbero in grado di competere con le tedesche.

 

La Germania del 2015 è una realtà diversa. Non si lascerà ricattare facilmente da un’economia del Sud che si lega alla vita la cintura esplosiva del suo stesso debito

 

 

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT - L’INIZIATIVA DI OLAF SCHOLZ DI CHIAMARE PUTIN PER TROVARE UNA SOLUZIONE ALLA GUERRA, CON CONSEGUENTE INCAZZATURA DI ZELENSKY, HA UN COMPLICE: LA POLONIA DI TUSK – LA MOSSA È INNESCATA NON SOLO DALLA CRISI ECONOMICA TEDESCA MA ANCHE DAL TRIONFO DI TRUMP - CON URSULA VON DER LEYEN DEBOLISSIMA, I LEADER DI GERMANIA E POLONIA HANNO CAPITO CHE NON POSSONO LASCIARE L’INIZIATIVA DI UNA TRATTATIVA DI PACE CON PUTIN AL TRUMPONE E ALLA SUA POLITICA ISOLAZIONISTICA CHE DELL’EUROPA SE NE FOTTE...

I PRIMI 90 ANNI DI CARLO DE BENEDETTI INIZIANO ALL’HOTEL PALAZZO PARIGI DI MILANO ALLE 19.30 CON UN APERITIVO E TERMINANO CON UN BRINDISI ALLE 22.30 - 100 ATTOVAGLIATI TRA CUI IL NEO 90ENNE IL PATRON EMERITO DEL POTERE BANCARIO, “ABRAMO’’ BAZOLI, ZANDA E GENTILONI (UNICI POLITICI), EZIO MAURO E GAD LERNER – DA RCS: CAIRO, DE BORTOLI, ALDO GRASSO E LILLI GRUBER (CHE HA SCODELLATO IERI SERA SU LA7 UNA PUNTATA REGISTRATA) - MOLTI HANNO NOTATO L’ASSENZA DELLA MOGLIE DI MARCO, PAOLA FERRARI, DA SEMPRE AVVERSARIA DEL SUOCERO: “E’ IL NONNO DEI MIEI FIGLI MA MI DISSOCIO DALLE PAROLE DISGUSTOSE DETTE SU GIORGIA MELONI” – E CARLETTO NON SOLO NON L’HA INVITATA MA AVREBBE SOTTOLINEATO AL FIGLIO MARCO CHE LA PRESENZA DELLA MOGLIE PAOLA NON ERA PER NULLA GRADITA….

DAGOREPORT – L'EFFETTO TRUMP RINGALLUZZISCE LE DESTRE EUROPEE E LA ''MAGGIORANZA URSULA'' RISCHIA DI IMPLODERE - OLTRE ALL'INETTA SCELTA DI RAFFORZARSI CONCEDENDO A GIORGIA MELONI UNA VICEPRESIDENZA ESECUTIVA (SU FITTO CONTRARI SOCIALISTI E LIBERALI), A DESTABILIZZARE LA VON DER LEYEN SONO I POPOLARI SPAGNOLI CHE MIRANO A FAR CADERE IL GOVERNO SANCHEZ BOCCIANDO IL COMMISSARIO SOCIALISTA RIBEIRA – PER URSULA SI PREFIGURANO TRE SCENARI: 1) LA CRISI RIENTRA E PASSANO LE NOMINE, FITTO COMPRESO; 2) ACCONTENTA I SOCIALISTI E RIFORMULA LE NOMINE DEI COMMISSARI; 3) SALTA LA ''MAGGIORANZA URSULA'' E SI TORNA AL VOTO (COSA MAI SUCCESSA…)