EUROPARADOSSI: STANDO AL RAPPORTO DEL “LISBON COUNCIL” LA FRANCIA È MESSA PEGGIO DELL’ITALIA MA PER OLLI REHN SIAMO NOI IL GRANDE MALATO

L'economista tedesco Holger Schmieding: “Nell'ultimo biennio l'Italia è migliorata, la Francia no, ma siccome la Francia fa parte del nucleo duro dell'euro non è esposta alla speculazione, perché tutti sanno che sarebbe aiutata dai tedeschi molto più facilmente dell'Italia. Voi siete meno competitivi dei francesi”…

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Adriana Cerretelli per il "Sole 24 Ore"

Specchio, specchio delle mie brame, tra Francia e Italia chi è il più fragile dell'euro-reame? La Francia, risponde con sicurezza il terzo rapporto annuale del Lisboncouncil, "Euro plus monitor", autore l'economista tedesco Holger Schmieding.

Olli RehnOlli Rehn

Messo di fronte alla stessa domanda però, ieri a Bruxelles Olli Rehn l'ha presa come una trappola da evitare. Il commissario Ue ha preferito non fare nomi, elogiando in compenso gli sforzi della Francia: «Ha fatto più riforme di quello che si dice. Dunque, sia pure indirettamente, ha fatto intendere che il grande malato oggi sarebbe piuttosto l'Italia.

O che in realtà i malati sono due, visto che entrambi i Paesi «hanno fatto meno riforme per recuperare competitività di Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna che, con la correzione del costo del lavoro, oggi vedono la ripresa dell'export e della crescita».

Certo, questa non è una gara nella quale la seconda e la terza economia dell'euro bramino arrivare prime. Ma visto che insieme Francia e Italia fanno ben oltre un terzo del Pil dell'eurozona, il loro stato di salute è inevitabilmente un problema collettivo oltre che nazionale, lo spartiacque tra una crescita europea robusta e una ripresa anemica, come l'attuale.

«Nell'ultimo biennio l'Italia è migliorata, la Francia no ma siccome la Francia fa parte del nucleo duro dell'euro non è esposta alla speculazione, perché tutti sanno che sarebbe aiutata dai tedeschi molto più facilmente dell'Italia» spiega Schmieding con brutale franchezza. E aggiunge: «Anche se in termini di sostenibilità dei conti pubblici fa meglio, l'Italia fa peggio della Francia nel recupero di competitività». Ma fino a quando è sostenibile l'iper-debito senza crescita economica?

OLLI REHNOLLI REHN

«Diversamente dagli altri Paesi, negli ultimi 20 anni l'Italia ha dimostrato di poterlo gestire anche in assenza di sviluppo, grazie al surplus primario e a un sistema pensionistico tra i meno generosi dell'area», spiega il nostro. Detto questo, «l'Italia resta l'Italia, con la sua politica rumorosa e i suoi sforzi riformisti poco convincenti».

Comunque li si guardi, i dati dell'Euro plus monitor non sono confortanti: nessuno può auspicare l'arrivo della "troika" europea a Roma o a Parigi ma è un fatto che i 5 Paesi costretti a subirla sembrano in fase di rilancio, con Cipro che, grazie alla grande flessibilità del suo mercato del lavoro, potrebbe risanarsi al tempo di record dei Paesi baltici.

HOLLANDE-LETTAHOLLANDE-LETTA

Se si escludono aggiustamento fiscale e sostenibilità dei conti dove, e certo non è poco, siamo quinti in classifica e primi per surplus primario, abbiamo poco di cui rallegrarci. Debito pubblico, ultimo posto preceduti dalla Spagna, «dimensioni e maturità accorciate nel picco della crisi aumentano la vulnerabilità in entrambi i Paesi».

Se il basso debito privato e l'attivo dei conti correnti sono altri punti a nostro favore, a remarci contro ci sono la più bassa crescita tendenziale dell'eurozona, scarsa competitività (18° posto su 20), una delle economie più regolamentate d'Europa (19° posto), evoluzione negativa del costo del lavoro (ultimi in classifica) combinata con il più rigido mercato del lavoro (ultimo posto) del mondo insieme alla Francia.

«Le rigidità nelle assunzioni e nei licenziamenti bloccano gli aggiustamenti salariali anche in presenza di una disoccupazione record, il che aggrava la perdita di competitività» denuncia il rapporto. Le riforme strutturali sono «troppo modeste rispetto alle sfide da fronteggiare».

A parte la garanzia dello scudo tedesco, la fotografia della Francia non è molto diversa, anche se il suo potenziale, se e quando si deciderà «a fare le riforme e a ridurre il peso di amministrazione e spesa pubblica», resta una promessa. Come quello tedesco esploso dopo la cura Schroeder.

enrico letta e francois hollandeenrico letta e francois hollande

L'analisi dei malanni italiani da superare non è nuova: ricalca quelle di Bruxelles, Fmi e Ocse. Niente di cui scandalizzarsi ma una frustata per agire e presto. È vero che le europee alle porte e lo spettro del successo dei partiti nazionalisti ed euroscettici non aiutano. Come non hanno aiutato finora gli egoismi tedeschi. Troppi temporeggiamenti però potrebbero alla lunga rivelarsi un boomerang per chi, in un'Europa risanata e più convergente, si sedesse sull'illusione di una svolta europea che finora ha tradito tutte le aspettative.

 

 

 

 

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