Francesca Pierantozzi per “il Messaggero”
Il prossimo 25 settembre il governo francese farà una solenne dichiarazione sulla politica migratoria della Francia e dell'Europa davanti al Parlamento. Seguirà un dibattito ma non ci sarà un voto: «Discuteremo dell'immigrazione da tutti i punti di vista ha fatto sapere il premier Edouard Philippe il tema è complesso e difficile, ma non per questo non abbiamo il diritto di parlarne, senza tabù».
Di tabù invece ne restano tanti sulle politiche se politiche ci sono di gestione dei flussi migratori in Europa. E le cicliche crisi sollevate in questi mesi dai sofferti approdi delle navi umanitarie non hanno fatto che renderli più evidenti. Anche nei paesi che si dichiarano più virtuosi in materia di accoglienza e di rispetto dei diritti, che siano i diritti del mare o delle persone, come la Francia di Macron, la Spagna di Sanchez o la Germania di Merkel.
LE PAROLE
Già le parole rivelano le difficoltà: di «solidarietà indiretta» si è cominciato a parlare per i paesi (Visegrad ma non solo) recalcitranti ad accogliere la quota spettante di migranti sbarcati nei paesi coi porti «più vicini e sicuri», poi la solidarietà è diventata «differenziata», Macron parla ormai di «patriottismo inclusivo» dopo aver indurito le regole sull'asilo, mentre Merkel e Sanchez si affidano soprattutto ad accordi bilaterali per blindare le frontiere marittime col Marocco da una parte e quelle con la Germania via Austria dall'altra.
A fine settembre dovranno incontrarsi di nuovo a Parigi i paesi che il 22 luglio avevano tentato - invano - di trovare una soluzione se non definitiva almeno più chiara. Macron aveva allora annunciato che 14 paesi europei, la cosiddetta coalizione di volontari, avevano accettato un meccanismo di solidarietà per ripartire i migranti sbarcati altrove.
i minori della open arms portati a lampedusa
Ma di questi 14, soltanto 8 (Francia, Germania, Portogallo, Lussemburgo, Finlandia, Lituania, Croazia e Irlanda) si erano detti pronti da subito, gli altri sei avevano accettato il principio ma avevano preferito mantenere l'anonimato e rinviare qualsiasi impegno preciso. Senza contare che in cambio Italia e Malta assenti alla riunione avrebbero dovuto accettare di tenere i porti aperti.
Per ora, soltanto gli accordi bilaterali sembrano tenere in un'Europa in cui la politica migratoria resta prerogativa dei governi nazionali e in cui vige in materia il principio dell'ognun per sé. La Spagna di Sanchez, per esempio, è riuscita ad ottenere con l'aiuto della Germania, uno stanziamento di 140 milioni di euro al Marocco per arginare i flussi che nel dal 2018 sono in aumento di oltre il 130 per cento.
Delle deportazioni sarebbero in corso nelle regioni settentrionali, in particolare vicino a Nador, secondo denunce dell'Associazione marocchina dei diritti umani (AMDH). In compenso, la Spagna si è impegnata a rimpatriare i migranti registrati nel paese e arrivati alla frontiera con Germania e Austria, da dove potranno essere espulsi in 48 ore. Il premier Sanchez, sollecito ad accogliere a Valencia i migranti dell'Aquarius, segue da allora una politica migratoria più prudente. Dopo aver concesso lapprodo per tre volte all'Open Arms ha ormai chiuso alle navi umanitarie.
LE CRITICHE DA BARCELLONA
L'offerta di far attraccare l'Open Arms che ora è davanti a Lampedusa nel porto di Algeciras è stata definita ieri «tardiva» dalla sindaca di Barcellona Ada Colau: «È troppo tardi - ha scritto la sindaca su Twitter - avevamo offerto il porto di Barcellona dodici giorni fa». Difficoltà in casa ma da destra anche per Angela Merkel. Lontanissimi i tempi delle porte aperte a «un milione di migranti». Il ministro dell'Interno Horst Seehofer ha ottenuto la creazione di centri di collegamento: in realtà dei centri di detenzione in cui possono essere rinchiusi i migranti nel periodo di esame del loro dossier. Il primo centro ha aperto in Baviera due mesi fa, altri sono in costruzione.
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