(1988) il giovane trump prorietario del plaza prima della bancarotta
Flavio Pompetti per “il Messaggero”
Settimana decisiva a Washington per la legge sulla riforma fiscale. Donald Trump vuole che il dibattito al Congresso parta il più presto possibile e si concluda prima della fine dell'anno, con la speranza di far segnare sulla sua agenda presidenziale quel primo successo legislativo che ancora non è riuscito a conquistare nei suoi primi dodici mesi alla Casa Bianca.
Il tempo non è passato invano: la nuova amministrazione è riuscita a modificare radicalmente la struttura dell'apparato giudiziario con l'inserimento di magistrati conservatori, a partire dal vertice della Corte suprema. L'agenzia per la protezione ambientale e il ministero dell'Energia hanno girato le spalle alle scelte ecologiche del passato, e le frontiere sono divenute meno permeabili all'immigrazione.
Ma la riforma fiscale non è ancora legge. Le imprese aspettano da un anno di celebrare lo sconto (dall'attuale 35% al 20%) dell'imposta sui profitti, e la borsa ha fatto di quella promessa il vessillo di un anno di formidabile crescita del valore dei titoli. Senza una conferma al congresso questo castello potrebbe cadere sotto il peso di una bolla finanziaria che si sgonfia.
IN CAMPIDOGLIO
Trump era ieri al Campidoglio a corteggiare i repubblicani ancora indecisi sul voto, visto che non ha nessuna speranza di ottenere il consenso tra i democratici. I conservatori hanno il vantaggio numerico nelle due camere, ma i senatori devono rispondere a esigenze molto diverse a seconda degli Stati che rappresentano.
La grande periferia delle ricche città del Nord Est non digerisce l'idea partorita al Senato di abolire le deduzioni per le tasse sulla proprietà immobiliare. Chi abita in Connecticut, a Long Island o in New Jersey in prossimità di New York, paga fino a decine di migliaia di dollari l'anno per l'imposta sulla casa, ed è spaventato all'idea di non poter detrarre la cifra dalla dichiarazione fiscale.
Gli Stati più poveri dominati dalla presenza di aziende familiari e di piccola impresa, lamentano che i tagli più consistenti non sono concessi a loro, ma alle grandi aziende. Quelli che a mala pena riescono a garantire ai propri abitanti polizze per l'assistenza sanitaria, temono l'abolizione dell'obbligo di stipularne una, che la riforma Obama aveva introdotto, e che il testo al Senato vorrebbe cancellare.
Nelle commissioni e tra i banchi del congresso si tratta fino all'ultimo codicillo. I testi presentati nei due rami sono ancora diversi tra loro, e l'accordo è lontano, almeno per una decina di dissenzienti che potrebbero far naufragare il voto, come già successo in passato.
LA SCOMMESSA
Il resto del paese attende che le bocce si fermino prima di tirare le conclusioni. Le analisi finora disponibili dicono che le famiglie più povere e quelle più ricche riceveranno entrambe i benefici più consistenti, mentre la classe media, quella che ha portato Trump alla Casa Bianca, vedrà modifiche marginali, con alcuni vantaggi destinati a sparire nel tempo. Permanenti invece sono i tagli di imposta per le imprese.
Una sforbiciata di 1.700 miliardi in dieci anni al bilancio degli Usa, che può essere pareggiato solo da una poderosa spinta del Pil, e dal prelievo fiscale sui maggiori profitti in arrivo. È una scommessa sul filo del rasoio, che Trump, ex re del gioco d'azzardo, non può permettersi di fallire. Intanto il discorso di oggi al Senato di Jerome Powell, nominato alla presidenza Fed, sosterrà che l'economia va alla grande con la conferma di «ulteriori rialzi dei tassi».