Estratto dell’articolo di Giuseppe Bottero per "La Stampa"
raffaele fitto presenta le modifiche al pnrr 2
Zero chilometri di ferrovia rinnovati, nessuna stazione rimessa a nuovo, neppure una biblioteca ristrutturata, solo il 10% di amministrazioni in grado di trasferire i documenti sul cloud. Da una parte ci sono gli annunci sulle missioni completate e sulla pioggia di miliardi concessi dall’Europa, dall’altra la realtà.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è al giro di boa – è appena stata superata la metà del percorso – e il ministro che erediterà le deleghe da Raffaele Fitto si troverà di fronte alla sfida più grande: mettere a terra i fondi e passare dalle riforme e dalle gare alla realizzazione delle opere.
La situazione attuale
Finora, secondo l’Osservatorio del think tank “The European House – Ambrosetti” che sarà presentato al Forum di Cernobbio e di cui La Stampa può anticipare i contenuti, l’Italia ha rispettato il calendario. «Un traguardo significativo, sebbene non privo di difficoltà», spiega Diego Begnozzi, responsabile dello studio.
La Commissione Europea ha appena approvato il pagamento della quinta rata per un importo di 11 miliardi di euro e, con questa tranche, Roma ha ricevuto in totale 113,3 miliardi di euro su 194,4 miliardi previsti, di fatto il 58,4 per cento del totale.
[…] dall'inizio del Recovery, sono stati raggiunti tutti i 269 traguardi previsti: per arrivare ai 618 obiettivi complessivi, ne restano ancora 349 da centrare in un anno e mezzo. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni è anche l’unico ad aver richiesto il pagamento della sesta quota, che vale 8,56 miliardi di euro.
Il nodo della spesa
Spendere, però, è un altro discorso. Il contatore, al momento, si è fermato sotto la metà: 51,4 miliardi di euro, più o meno il 26% dell’importo totale previsto al 2026. La partita che si sta giocando è delicata: il report ricorda che la previsione di spesa per il 2024 è di 43 miliardi di euro, e a metà anno il governo ha impegnato solo il 22 per cento di quanto stimato, ossia 10 miliardi in sei mesi. Se il cammino dovesse proseguire a questa velocità, dice Begnozzi, «a fine anno si arriverebbe appena a 18,6 miliardi, meno della metà di quanto preventivato».
Alcuni settori soffrono più di altri: delle sei missioni concordate con l’Europa, quella più indietro è «Inclusione e coesione» che, nonostante in percentuale sia la prima per obiettivi finali raggiunti, mostra uno stato di avanzamento della spesa pari all’8%. C’è di più: oltre il 14% dei progetti del Pnrr non è ancora stato nemmeno avviato.
I ritardi
Uno dei punti critici riguarda i Comuni. Al 2024, il Pnrr ha messo in moto oltre 216 mila progetti e, dopo l’ultima revisione del governo - la terza -, ne sono stati eliminati circa 45 mila, lasciandone attivi 55 mila, il 25% del totale. A livello complessivo, circa un terzo è in ritardo, con un rallentamento medio di circa 13 mesi. Anche rispetto ai soli programmi gestiti dai Comuni, il 31% è in affanno.
C’è anche un nodo geografico. Il maggior numero di progetti (44%) è concentrato al Nord, il 15% al Centro, mentre gli interventi al Sud e nelle isole rappresentano il 31% del totale. Il restante 10% è di ambito nazionale. Uno scenario che crea problemi: «A livello di importo complessivo dei progetti attivati ad aprile 2024, pari a 128,7 miliardi di euro, al Sud è allocato solo il 36%: il requisito di almeno il 40% delle risorse allocabili destinato al Mezzogiorno non è ancora stato rispettato», scrivono gli esperti.
Rispetto al totale, prosegue lo studio, il 14% dei progetti non è ancora stato avviato o è nelle prime fasi di avvio. Questa percentuale si abbassa al 2% per i progetti sviluppati dai Comuni, mentre è ancora al 19 per cento per i progetti destinati al Sud.
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Le prospettive
giorgia meloni giancarlo giorgetti raffaele fitto
Un capitolo del documento che sarà presentato a Cernobbio riguarda l’impatto di lungo periodo degli investimenti previsti all’interno del Pnrr. «L’analisi degli impatti si concentra sugli investimenti e non sulle riforme», premettono gli autori del report.
[...] The European House – Ambrosetti, in ogni caso, stima che gli investimenti con impatto strutturale, sul totale dei 191,5 miliardi di euro, siano una percentuale compresa tra 66 e 90 miliardi di euro (pari al 34,4-47,3 per cento del totale). Investimenti che potrebbero portare a una crescita strutturale del prodotto interno lordo nazionale: a partire dal 2026, il Pil italiano potrebbe essere l’1,9% superiore a quanto sarebbe stato in assenza del Pnrr. Ma, a questo punto, è vietato sbagliare.