Cesare Zapperi per il ''Corriere della Sera''
antonio tajani giorgia meloni matteo salvini 2 giugno 2020 4
Non è piaciuta a Giorgia Meloni la richiesta di prendere un impegno scritto per l'autonomia, avanzata da Luca Zaia in un'intervista al Corriere . E nel centrodestra appena pacificato dall'accordo sui nomi dei candidati alle Regionali si è alzato un fastidioso maestrale. «Non capisco le parole di Zaia e il comportamento della Lega», ha tuonato la presidente di FdI che, nel dirsi favorevole all'autonomia, ha però piazzato un paletto: «Poiché ci interessa il mantenimento dell'unità nazionale, abbiamo chiesto in cambio di impegnarsi formalmente su un convinto sostegno al presidenzialismo». Il governatore del Veneto ha risposto secco: «La mia intervista la confermo dalla prima parola all'ultima. La condivisione dell'autonomia non è un favore a me, ma ai veneti».
Assestato il botta e risposta, Zaia è sceso sul piano del merito e si è sottratto alla richiesta di contropartita. «L'autonomia non ha bisogno di nessuno scambio: è un progetto costituzionale, approvato con un referendum autorizzato dalla Corte costituzionale, e che ha un suo percorso. Io non ho nulla contro il presidenzialismo, a me va bene tutto quello che viene dal popolo ma non faccio parte di questa trattativa». Ma il confronto tra Lega e FdI ormai era acceso. Il vicesegretario del Carroccio Lorenzo Fontana ha alzato i toni: «Sono sconcertato dalle parole della Meloni. Questo è solo l'ultimo di tanti, più o meno velati, insulti a Zaia e alla Lega del Veneto. E sull'autonomia chi non è d'accordo, si autoesclude».
Da FdI è arrivata la replica pungente di Ignazio La Russa: «Se il disegno che sta dietro le dichiarazioni di Fontana è quello di cercare un pretesto per rompere la coalizione in Veneto e andare separati alle elezioni in quella regione, la Lega si assume la responsabilità di una scelta grave che risponderebbe solo alla volontà di governare con "mani libere"». Un sospetto che Renato Schifani (FI) si augura «infondato». Mentre andava in scena la querelle , Matteo Salvini ha definito l'assetto organizzativo della Lega.
Si tratta in larga parte di conferme, a partire dalla responsabilità del dipartimento Esteri affidata a Giancarlo Giorgetti e di quello Economico che rimane ad Alberto Bagnai (sostenitore di una linea perlomeno euroscettica). Le altre nomine ricalcano competenze e incarichi di governo avuti come ministri o sottosegretari: Giulia Bongiorno (Giustizia), Claudio Durigon (Lavoro), Edoardo Rixi (Infrastrutture).
Sorpresa negli stessi ambienti leghisti per la mancata assegnazione di un incarico a Massimo Garavaglia, già sottosegretario all'Economia. Potrebbe aver «pagato» la vicinanza a Giorgetti. A chi chiede se la linea su Ue e euro sia quella di Bagnai e Borghi o quella di Giorgetti, Salvini replica: «Il responsabile economico si chiama Bagnai. Più chiari di così».
la russa e meloni alla camera GIORGIA MELONI LUCA ZAIA MATTEO SALVINI