Non solo Sky o Tg5: la grande fuga dalla Capitale continua. Dopo l’annunciato addio delle due importanti redazioni giornalistiche, la città eterna perde un altro pezzo importante del proprio tessuto economico e sociale. Stavolta a fare le valigie è la filiale di una dei colossi mondiali del petrolio e dell’energia: Esso, ramo italiano del gruppo Exxon Mobil, ha infatti avviato le procedure per chiudere la sede romana di viale del Castello della Magliana per trasferire i dipendenti che accetteranno in Liguria.
La vicenda, almeno per adesso, non ha avuto il clamore delle vertenze che riguardano Sky e il Tg5, ma solo perché l’azienda ha avviato «un percorso di dialogo e trattativa» con i dipendenti cercando di rendere il più indolore possibile l’operazione. Secondo quanto trapela da fonti aziendali, una cinquantina su oltre 200 avrebbero già accettato il trasferimento, gli altri trattano e nessuno vuole parlare durante questa fase. Il clima apparentemente tranquillo però non deve trarre in inganno sul valore simbolico, oltre che economico, di questo ennesimo addio a Roma.
La sede capitolina di Esso è il cuore amministrativo in Italia del gruppo petrolifero e la decisione di andare altrove è la testimonianza della disaffezione per la Capitale in piena crisi da parte delle aziende. Il caso è emblematico: la compagnia petrolifera aveva scelto di posizionare la sede nel quadrante della Magliana, che pochi anni fa sembrava destinato a diventare un polo direzionale di eccellenza a metà strada fra l’Eur e l’aeroporto di Fiumicino.
Lo sviluppo urbanistico della zona, nonostante progetti, promesse e annunci, è però rimasto monco, la Nuova Fiera di Roma, investimento monstre che avrebbe dovuto trainare e rilanciare tutto il quadrante, si è rivelata un flop. La cittadella dell’Alitalia, con la compagnia in perenne crisi, è rimasta un sogno irrealizzato.
Così, mentre nella zona si sono moltiplicati edifici ad uso abitativo e centri commerciali più o meno grandi, si è smarrita la vocazione da polo direzionale e produttivo. “Le operazioni di politica industriale si sono arenate, purtroppo la zona è stata caratterizzata solo dallo sviluppo immobiliare che da solo non basta. E se una compagnia come Esso decide di andarsene, è un drammatico segnale di sfiducia nelle possibilità di rilancio del territorio” osservano con amarezza in ambienti confindustriali romani.
L’appeal della Capitale come polo di attrazione per le grandi aziende sembra dunque in caduta libera e le ragioni sono diverse: infrastrutture carenti, mobilità e trasporti disastrosi, burocrazia opprimente, tessuto economico di contesto sempre più povero.
Alcuni fattori negativi comuni a tutto il Paese, come per esempio i costi spropositati del lavoro o dell’energia, a Roma poi sono appesantiti dal peso delle tasse locali maggiorate per far fronte ai disastri amministrativi di Comune e Regione, con il paradosso - per esempio – che una multinazionale che decida di investire qui si trova costretta a partecipare a proprie spese, per esempio, al risanamento delle Asl affossate dalla cattiva politica e dalla cattiva gestione. E il risultato, drammatico, è che alla fine le aziende decidono di scappare.