giuseppe conte in auto dopo l incontro con mattarella
Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"
Non è vero, come sospetta Conte, che il Pd non abbia cercato voti «europeisti» in Parlamento. L' ha fatto, ma per un altro governo. Nel senso che, parlando con i potenziali nuovi alleati, i dirigenti dem si sono sentiti dire da tutti la stessa cosa: «Con Conte a Palazzo Chigi no, con un altro al suo posto...». E pure Di Maio - che negli ultimi tempi ha incontrato alla Farnesina più esponenti del centrodestra che ambasciatori - ha ricevuto identica risposta.
Perciò appare complicato il tentativo del premier di allargare la sua maggioranza senza passare dall' apertura formale della crisi. E non basterebbe nemmeno prendersi i renziani senza Renzi, dato che ieri Franceschini ha alzato ulteriormente l' asticella: «Anche se avessimo 161 voti al Senato - ha detto a Repubblica - la sostanza non cambierebbe. Un governo è forte se può contare almeno su 170 senatori». «E alla Camera - aggiunge un esponente della segreteria dem - ne servirebbero altri 20, sennò non si gestirebbero le commissioni».
E dove li trova Conte tutti questi parlamentari? «La situazione è terribile», ha commentato Guerini con un compagno di partito. Terribile per Conte. Si palesasse un' alternativa, sarebbe pronto un esercito: forzisti «tendenza Letta», centristi dell' Udc, un pezzo di Cambiamo, +Europa e ovviamente Renzi. Sarebbe - come l' hanno definita ieri Calenda e Della Vedova - «la maggioranza Ursula», unita dai valori europei e dal più prosaico interesse per un sistema di voto proporzionale.
renzi mejo dello sciamano di washington
Dinnanzi al rischio di finire rosolato, il premier accarezza l' idea della scorciatoia elettorale, che non dispiacerebbe a Zingaretti e che viene assecondata dai 5 Stelle. Al punto che tra i grillini - racconta un' autorevole fonte di governo - «si è discusso su una moratoria del doppio mandato, visto che la legislatura non sarebbe completata».
L' afflato solidale verso il premier è però gratuito, siccome tutti sanno che l' ipotesi delle urne verrebbe cassata da Mattarella. Insomma, senza consistenti rinforzi di responsabili, al Conte 2 non resterebbe altro che la strada del Conte 3: sentiero impervio dove sono già previsti agguati.
goffredo bettini gianni letta. giuseppe conte
Peraltro il presidente del Consiglio dovrebbe affrontarlo dismettendo anzitempo l' idea di farsi una lista, perché - come l' ha avvisato Bettini sulla Stampa - «se diventasse parte delle parti, si perderebbe la sua figura di punto di riferimento». Così tramonta il disegno di una coalizione formata dalla sinistra e da una stampella di centro, che nel Pd era stato subito identificato come «il solito schema dalemiano».
E i dem hanno visto ancora l' influenza di D' Alema quando Conte alla Camera, nel discorso per la fiducia, ha teorizzato una sorta di equidistanza tra Stati Uniti e Cina.
Così hanno ripescato l' intervento svolto in ottobre dal presidente della fondazione Italianieuropei al Forum Euroasiatico: «L' Occidente è una grande potenza che sta vivendo una vecchiaia rancorosa. Sono preoccupato per questa ostilità verso la Russia, l' islam sciita dell' Iran, la Turchia e la Cina». «È lui...». Così il giorno dopo al Senato il Pd ha imposto a «Giuseppi» di cambiar registro, sostituendo i salamelecchi verso Pechino con un inno all' America di Biden.
GIANCARLO GIORGETTI MATTEO SALVINI
Anche a Roma le cose stanno cambiando. E i dem vogliono capire come si muoverebbe l' opposizione nel caso di un nuovo scenario politico. Non basta più che Giorgetti nei colloqui riservati insista con i dirigenti del Pd sull' urgenza di varare un governo d' unità nazionale, «perché la crisi non è quella dei numeri in Parlamento ma quella dei numeri dell' economia».
E non basta nemmeno che Salvini accenni informalmente per telefono al capo dello Stato che, «se cadesse Conte, la Lega sarebbe disponibile a discutere per trovare una soluzione di emergenza a difesa del Paese». Perciò l' appuntamento di oggi al Quirinale non interesserà il solo centrodestra. Bastava ascoltare ieri il capogruppo del Pd Delrio: «È un momento grave ed eccezionale. Serve un esecutivo solido e autorevole». Un concetto double face .