Ugo Magri per “La Stampa”
Frizzanti discussioni si annunciano al congresso radicale che inizia alle ore 14 nel carcere romano di Rebibbia. Il primo scontro sarà proprio sulla «location»: mai era accaduto che un intero partito si riunisse dentro un penitenziario, al massimo singoli esponenti loro malgrado. Per accedervi bisognerà superare i controlli di sicurezza e lasciare all'Ingresso tutta l'elettronica, telefonino compreso. Inoltre verrà ammesso solo chi aveva compilato un modulo online prima del 26 agosto, i ritardatari resteranno fuori.
Cosicché non vedremo più la variopinta umanità tipica delle kermesse pannelliane, dove pure l' ultimo arrivato diceva la sua. Gli organizzatori sono convinti che Marco ne sarebbe stato orgoglioso, perché la drammatica condizione carceraria era una delle sue due nobili «fisse» (l' altra: il «diritto alla conoscenza», tema di gigantesco impatto rimasto purtroppo allo stato gassoso).
Una parte della galassia radicale, invece, sospetta che la trovata di Rebibbia sia solo un modo astuto per filtrare il pubblico, isolare chi contesta la linea e svicolare dal vero grande punto interrogativo: che ne sarà del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito dopo la morte del suo fondatore?
«Felloni» contro ortodossi I più critici si annidano tra i Radicali Italiani, dépendance nazionale del PRNTT, anche per ragioni anagrafiche. C' è proprio una diversa mentalità tra i quarantenni come Riccardo Magi o come Marco Cappato, e la vecchia guardia pannelliana incaricata di vigilare sul lascito politico del leader scomparso, oltre che su un patrimonio stimato (tra immobili e radio) in 50 milioni di euro.
I «giovani turchi» muoiono dalla voglia di cimentarsi non solo sui due soliti temi cari a Pannella ma a 360 gradi. Per esempio, si sono presentati alle scorse comunali di Roma e Milano, con risultati decisamente mediocri; ma non importa, dicono, per loro contava spezzare l' incantesimo o quantomeno provarci, laddove il gruppo degli «ortodossi» (Maurizio Turco, Rita Bernardini, Walter Vecellio, Sergio D' Elia) li considera alla stregua di arrivisti che non vedono l' ora di farsi cooptare nel regime.
Addirittura Turco li ha definiti pubblicamente «felloni», e di qui a sabato ne sentiremo volare altri di epiteti sanguinosi. Grandi figure come Emma Bonino, o come Gianfranco Spadaccia, per ora se ne stanno appartate, forse pure un po' disgustate.
Troppo forte è il dissidio per ricomporlo: un divorzio sembra nell' aria. Ma pure se non si arriverà a tanto, l' unica a trarne vantaggio sarà probabilmente Marianna. Cioè l' associazione lanciata un paio di mesi fa da Giovanni Negri, segretario del partito pannelliano negli anni Ottanta che poi si era ritirato dalla politica per scrivere libri e produrre dell' ottimo barolo.
È ritornato in azione perché, secondo lui, ce ne sono tutti i presupposti. «I partiti di plastica sono finiti», spiega, «la Repubblica dei giudici ha fallito, rimane soltanto il grillismo di cui presto l' Italia si stancherà». Su queste macerie i radicali possono diventare l' embrione di un nuovo partito dei cittadini, Marianna appunto, che simboleggia le conquiste della Rivoluzione francese declinate nel tempo presente.
Lanciare un' opa sul Partito radicale a Negri, così egli assicura, non interessa. Tantomeno infilarsi nelle liti sull' eredità di Pannella. «C' è tutta un' altra storia da iniziare con l' aiuto dei tanti radicali attivi o in sonno, desiderosi di risvegliarsi».
Sta preparando la proposte di Marianna su fisco, giustizia e lavoro. Ha già fissato l' atto ufficiale di nascita, una convention nazionale che si terrà a Bologna il 14 e 15 gennaio.