Nando Pagnoncelli per il “Corriere della Sera”
La crisi economica più lunga del dopoguerra sta segnando profondamente il clima sociale ben oltre la reale portata della crisi, se confrontiamo le opinioni degli italiani con quelle dei cittadini di molti altri Paesi, interpellati da Ipsos nel dicembre scorso. Solo il 18% dei nostri connazionali giudica molto o abbastanza positiva la situazione economica dell' Italia, contro una media del 42% di ottimisti registrata in 27 Paesi.
Siamo al 23° posto, preceduti da Perù (72%) o Colombia (34%), Paesi con dati macroeconomici e un livello di ricchezza nettamente inferiori ai nostri ma con un' opinione pubblica più positiva. Diminuiscono poi coloro che giudicano positivamente la situazione economica, scesi al 15%.
Gli italiani hanno interiorizzato la crisi e faticano a vedere vie d'uscita. Uno su 2 prevede che la propria situazione rimarrà invariata nel prossimo futuro, 1 su 4 si aspetta un peggioramento e solo 1 su 5 un miglioramento. Gli ottimisti sono in flessione del 2% rispetto al marzo 2016 e del 5% rispetto al 2015.
Permane una diffusa inquietudine rispetto alla crisi, nonostante i segnali di ripresa: oltre 3 italiani su 4 si dichiarano molto (52%) o abbastanza (25%) preoccupati. La maggioranza relativa (39%, + 2% rispetto a un anno fa) teme che il peggio debba ancora arrivare, il 30% ritiene che siamo all' apice della crisi e il 20% è convinto che il peggio sia passato. Le preoccupazioni maggiori riguardano il lavoro, citato spontaneamente tra i problemi principali dall' 80% degli intervistati, senza grandi variazioni negli ultimi anni, nonostante il miglioramento dei dati occupazionali.
Al 2° posto l' immigrazione (33%), il tema in più forte aumento (nel 2014 veniva menzionata solo dal 3%); al 3° posto la crescita economica e la sicurezza, entrambi citati dal 19% degli italiani. A seguire, instabilità politica (16%), sanità (14%), corruzione (13%) e Fisco (11%).
Il rilievo dato ai singoli temi varia significativamente nei diversi segmenti sociali ed elettorali, con accentuazioni abbastanza prevedibili: l' occupazione è più citata nelle aree depresse, l' immigrazione tra i ceti più popolari e meno istruiti e gli elettori di centrodestra, come pure la sicurezza; la crescita economica presso i ceti dirigenti, le tasse presso i lavoratori autonomi.
Alla luce di queste preoccupazioni non stupisce, quindi, che 2 italiani su 3 (67%) ritengano che il Paese stia andando nella direzione sbagliata, con una crescita di 7 punti rispetto al marzo 2016, mentre solo il 15% è di parere opposto e il 18% sospende il giudizio.
E non stupisce neppure che 1 italiano su 2 esprima un giudizio negativo sul governo (52%) e sul premier Gentiloni (50%), allorché 1 su 3 (rispettivamente il 32% e il 35%) si esprime in termini positivi.
Le valutazioni più negative sulla situazione attuale, sul futuro del Paese e sull' esecutivo e il premier sono espresse dalle persone più in difficoltà e dagli elettori dei partiti dell' opposizione che, nell' attuale scenario tripolare, rappresentano la maggioranza dei cittadini. La situazione non è rosea ma la negatività e il pessimismo vanno al di là della situazione attuale che è sì caratterizzata da molti elementi critici ma anche da non pochi indicatori positivi.
Solo per fare qualche esempio: siamo il secondo Paese manifatturiero d' Europa (ma quasi 3 italiani su 4 lo ignorano), nel 2016 il nostro export ha fatto segnare un anno record, interi comparti economici ci vedono sul podio a livello mondiale, siamo all' avanguardia per fonti di energia rinnovabile, si conferma un' elevata propensione al risparmio, si stanno affermando nuovi paradigmi di consumo e i cittadini si mostrano più responsabili e attenti all' ambiente.
Le motivazioni che stanno alla base di questo clima sociale sono in larga misura riconducibili alla percezione di un peggioramento rispetto al passato e alla convinzione che il meglio lo abbiamo alle spalle: l' ascensore sociale si è fermato e il futuro appare ai più incerto e minaccioso. In questo contesto l' aspettativa di miglioramento è di gran lunga superiore ai risultati fin qui ottenuti. E, sullo sfondo, c' è la disillusione rispetto ad un ceto dirigente (non solo politico) che in larga misura risulta delegittimato agli occhi dei cittadini e appare autoreferenziale e incapace di delineare obiettivi ambiziosi per far uscire il Paese dal clima plumbeo nel quale si trova.