1. TRUMP-HARRIS: SFIDA TRA DUE FRAGILITÀ
Estratto dell’articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Quella fra Donald Trump e Kamala Harris appare sempre più una sfida, incertissima, tra due debolezze.
Certo, cambiando candidato i democratici hanno recuperato molto terreno rispetto a Joe Biden che, per i sondaggi, partiva sconfitto e di molto. La Harris è stata una scossa benefica: ha ridato fiducia ai democratici ora all’attacco anche in Stati che davano per già persi come North Carolina e Georgia, ridurrà l’astensionismo tra i progressisti e ha relegato sullo sfondo quell’attentato a Trump che, con le foto epiche di Donald insanguinato che stringe il pugno e grida fight! sotto la bandiera, era sembrato la pietra tombale sulla campagna democratica.
conferenza stampa di donald trump a bedminster 2
Per un mese Kamala è stata sulla cresta dell’onda: attenzione enorme e benevola dei media, mobilitazione dei volontari, grande raccolta di fondi elettorali, il partito unito attorno a lei con una compattezza che pochi si aspettavano.
Mentre Trump, oltre a non incassare il «dividendo» dell’attentato, si è ritrovato relegato nell’ombra per la prima volta da quando fa politica. Ma, pur avendo recuperato, la realtà è che nel suo momento migliore la Harris è in un testa a testa, senza avere vantaggi netti, in tutti i sette Stati in bilico.
kamala harris intervistata dalla cnn
E la «luna di miele» è finita: col dibattito di martedì tornerà alla ribalta Trump, deciso a metterla alle corde con la sua dialettica. Kamala, poco empatica e poco convincente quando intervistata, può tirare fuori la verve della procuratrice che inchioda un plurincriminato (e condannato). Mentre Trump può ripetere l’errore di ricorre alle battute sprezzanti e sessiste
[…]La Harris combatte con le sue fragilità interiori, Trump deve vedersela con un’incontinenza che può tracimare con proiezioni esterne […]
conferenza stampa di donald trump a bedminster 4
LIZ CHENEY VOTA KAMALA E PER I REPUBBLICANI IN FUGA DA TRUMP SI PREPARANO POLTRONE
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
Suo padre era un’icona del Partito repubblicano, architetto della guerra in Iraq durante l’amministrazione Bush, e lei era il numero tre del Gop alla Camera, eppure il 5 novembre Liz Cheney voterà per Kamala Harris […] L’ultima in una lunga serie di defezioni nel partito appartenuto una volta a Lincoln e Reagan, tra i conservatori tradizionalisti che non lo riconoscono più nella sua trasformazione trumpista. È difficile dire quanto impatto avranno sul risultato, perché ormai sono stati ostracizzati come traditori, ma in una sfida così competitiva potrebbero far mancare a Donald voti indispensabili per vincere.
[…] Liz era cresciuta rapidamente nella gerarchia del Gop, diventando il numero tre alla Camera. Quando Trump aveva conquistato la nomination presidenziale si era allineata, sostenendolo e votando per lui. Fino a quando non lo aveva visto all’opera da vicino. La famiglia Bush aveva preso le distanze dal principio, anche a causa del risentimento per come aveva demolito Jeb durante la campagna del 2016. Dick aveva seguito, per differenze etiche e caratteriali, ma anche perché aveva un’idea del ruolo degli Stati Uniti come faro per la democrazia globale che Donald negava. Liz aveva iniziato ad allontanarsi progressivamente, ma poi aveva rotto in maniera netta dopo l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2020, partecipando come vice presidente alla Commissione d’inchiesta della Camera e votando a favore dell’impeachment.
Il partito rimasto nelle mani di Trump l’aveva censurata ed emarginata, fino a quando un candidato sostenuto da Donald l’aveva battuta nelle primarie per il seggio da deputata nel Wyoming, chiudendo la sua carriera parlamentare.
Liz ha taciuto finora, ma mercoledì ha rotto il silenzio: «Come conservatrice, e persona che tiene molto alla Costituzione, ci ho pensato a lungo. A causa del pericolo che Donald Trump pone, non solo non voterò per lui, ma lo farò per Kamala Harris». Quindi, trovandosi nello Stato chiave della North Carolina, ha aggiunto: «Non abbiamo il lusso di sostenere altri candidati».
meme pubblicato da donald trump jr su liz cheney
[…] Non è l’unica, dopo l’ex deputato Kinzinger che aveva parlato alla Convention di Chicago, il figlio del senatore McCain, l’ex portavoce Stephanie Grisham, e duecento funzionari che avevano servito con i due presidenti Bush e il candidato Romney. Repubblicani anti Trump, convinti che il partito debba perdere con lui per poi rinascere. Harris ha detto che vorrebbe qualcuno del Gop nella sua eventuale amministrazione e potrebbe cercarlo tra questi tradizionalisti. Quanti voti riusciranno a spostare è difficile da prevedere. Nikki Halley, che nelle primarie aveva sfidato Donald, lo ha appoggiato alla Convention di Milwaukee, ma è possibile che alcuni suoi elettori non se la sentano di seguire l’indicazione, fatta soprattutto per proteggere il proprio futuro politico. E poche migliaia di voti, o di astensioni, potrebbero fare la differenza nei sette Stati che decideranno il risultato del 5 novembre.
KAMALA HARRIS E TIM WALZ kamala harris alla convention nazionale democratica di chicago liz cheney con il padre dick liz cheney ammette la sconfitta liz cheney 2 liz cheney 1 doug ehmoff kamala harris LIZ CHENEY kamala harris alla convention nazionale democratica di chicago 1 kamala harris e tim walz - convention nazionale democratica chicago