Tommaso Ciriaco per "La Repubblica" - Estratti
Cade la prima testa. E che testa: Giorgia Meloni “licenzia” in conferenza stampa Francesco Maria Talò, al suo fianco come consigliere diplomatico fin dai tempi dell’insediamento. A lui – e al suo ufficio – attribuisce la colpa per la trappola telefonica subita dai due comici russi. È il bersaglio sacrificale di una disfatta collettiva di Palazzo Chigi.
La formula scelta di fronte ai cronisti è: «Questa mattina l’ambasciatore ha rassegnato le sue dimissioni. C’è stato un inciampo. E il suo è stato un gesto di responsabilità».
Ma è evidente che quello che la premier sostiene subito dopo suona come una totale sconfessione dell’operato dell’ex rappresentante italiano presso la Nato. «Verso la fine della telefonata ebbi un dubbio, soprattutto nella parte in cui sui parlava del nazionalismo ucraino, perché è un tema tipico della propaganda russa. L’ho segnalato al mio ufficio diplomatico. Credo ci sia stata una superficialità da parte loro».
Non ricostruisce l’intera catena di errori, che manca di dettagli fondamentali. Non entra nel merito dei tagli all’audio, che presuppongono l’esistenza di una versione originale in mano ai russi. Meloni si concentra su quello che considera l’anello debole che ha provocato il pasticcio internazionale: l’ufficio diplomatico di Palazzo Chigi, appunto. Una volta che la presidente del Consiglio solleva il dubbio, Talò e la sua squadra non compiono le opportune verifiche: «È una vicenda gestita con leggerezza che ha esposto la nazione ». Ma c’è di più: la premier sostiene di aver avvisato i diplomatici, ma di aver ricevuto rassicurazioni.
lucia pasqualini - francesco maria talo' - Musalia Mudavadi
Per questo, giura, non sono stati allertati i Servizi, che pure avrebbe potuto interpellare personalmente o attraverso l’autorità delegata Alfredo Mantovano: «Credo che questo sia stato l’errore principale dell’ufficio diplomatico. Segnalai, ma loro non fecero verifiche fatte bene.
A me non è tornato un alert che non mi ha consentito di muovermi» con l’intelligence. Peggio: «Ho dato per scontato che le cose fossero corrette. Se ricevo una telefonata dall’ufficio del consigliere diplomatico la devo dare per buona». Per questo salta Talò. Il nome più forte che circola per sostituirlo è quello di Luca Ferrari, attuale sherpa per l’Italia del G7 e G20. Altri profili che trapelano a sera sono quelli dell’ambasciatore in Etiopia, Agostino Palese, e in Albania, Fabrizio Bucci.
Va però sottolineato un altro elemento dirimente, in questa storia.
Per la prima volta, Meloni ammette che lo “scherzo” telefonico potrebbe in realtà rappresentare un atto di guerra ibrida portato avanti dal governo russo. Disiformazione, prova di forza per mostrare la vulnerabilità del Paese. Per di più, in una fase in cui la pressione di Mosca sulle democrazie occidentali sembra aumentare, cercando di sfruttare una «stanchezza» per la guerra in Ucraina che si fa strada nelle Cancellerie.
IL PRESIDENTE AFRICANO CON L ACCENTO RUSSO - MEME SULLO SCHERZO TELEFONICO A GIORGIA MELONI
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