Annalisa Cuzzocrea per "La Repubblica"
ALFONSO BONAFEDE GIUSEPPE CONTE
«Per quel nome che dobbiamo indicare noi, quello nel consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, io un'idea ce l'avrei». Alfonso Bonafede era da poco arrivato in Parlamento quando, nel settembre del 2013, il Movimento cercava giuristi da votare in aula. Fu lui a tirare fuori dal taschino - l'attuale Guardasigilli ama le pochette quasi quanto il premier - il nome del suo insegnante di Diritto privato all'università di Firenze. Il professore «colto ed elegante» cui aveva chiesto di fare da assistente, appena laureato. È così che i 5 stelle hanno conosciuto Giuseppe Conte.
È così che il presidente del Consiglio è entrato in contatto con i loro vertici fino a essere candidato come possibile ministro della Pubblica amministrazione nel dream team di Luigi Di Maio per le politiche del 2018. Com' è andata poi, è ormai materiale da libri di storia. Bonafede è l'inizio di tutto, e potrebbe diventarne la fine. È lui che ha portato Conte al Movimento, o il contrario - dicono i maligni - ed è sul suo nome che l'esperienza del Conte due potrebbe crollare, se non si trovasse presto un modo di mettere al sicuro i numeri in Senato.
giuseppe conte alfonso bonafede
Dove per ora non ci sono né un nuovo gruppo né voti certi. C'è piuttosto, sempre più forte, la paura di non potercela davvero fare su una materia come la giustizia. Di non potere anche questa volta portare a votare i senatori a vita, o sperare in un soccorso azzurro che siano pure un po' più di assenti di Forza Italia in aula, per ovviare alla determinazione con cui l'opposizione - Italia Viva compresa - vorrebbe esprimersi contro il Guardasigilli. Rendendo plastica l'assenza di una maggioranza certa in Parlamento.
Ritorno al futuro Del resto, era su Bonafede che una crisi già innescata si era interrotta. A febbraio 2020, sul blocco della prescrizione, Italia Viva aveva minacciato di mandare tutto all'aria. Si fermò con la promessa di un tavolo in Parlamento per le modifiche e per via dell'inizio della pandemia, ma è lì che si torna. Al punto ineludibile: Alfonso Bonafede ha incarnato, anche suo malgrado, fin dal primo momento, il giustizialismo del Movimento 5 stelle. Quello cresciuto sulle parole di pm come Camillo Davigo, sull'idolatria dei giudici e il disprezzo degli imputati. È contro questo - che pure non è il merito della relazione preparata dal Guardasigilli - che almeno metà del Parlamento vuole esprimersi. Non si vota sulla riforma della prescrizione, che tra l'altro è una riforma che risale al Conte 1, ma è come se si facesse.
giuseppe conte alfonso bonafede 1
Non si vota sui problemi nelle prigioni, ma quello è uno degli argomenti che l'opposizione scaglierà contro il ministro. Non si vota per le scarcerazioni considerate facili di alcuni boss durante la prima emergenza Covid, ma è su quello che Bonafede ha avuto molti problemi anche con i suoi gruppi parlamentari. Con chi lo considera da tempo un rivale come il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra. O con quel Mattia Crucioli che adesso minaccia di non esserci, per il voto della prossima settimana, facendo vacillare i già pericolanti numeri del Senato. Il preferito Paga anche questo, Bonafede.
Il suo essere capo delegazione del Movimento 5 stelle è punto di forza e insieme di debolezza. Perché i parlamentari grillini, incerti sul loro destino, guardano con sospetto a un dirigente ormai considerato inamovibile. Per il suo forte legame con il premier ora. Per quello con Di Maio, prima. Per il ruolo decisivo svolto in molti momenti delicati della vita del M5S, come a Roma, quando in Campidoglio aveva perfino un ufficio (era stato inviato a supervisionare il lavoro di Virginia Raggi dopo lo scandalo legato all'arresto di Raffaele Marra e alle indagini sulla sindaca) ma come sempre, senza dare troppo nell'occhio.
giuseppe conte luigi di maio alfonso bonafede
È inamovibile, dicono tutti quelli che in realtà vorrebbero buttarlo giù. Convinti come sono che sia Bonafede che il sottosegretario a Palazzo Chigi Riccardo Fraccaro si siano stretti attorno al premier, invocando «o Conte o voto », solo perché l'ipotesi di un Conte ter toccherebbe loro per primi. O comunque, le posizioni di riguardo che ricoprono ormai da tempo. La difesa Sostiene Bonafede che non avrebbe senso, per Italia Viva, votare contro una relazione che contiene - sulle cose fatte nel 2020 - molte delle leggi preparate insieme. Come quella sulle agromafie firmata con l'ex ministra dell'Agricoltura Teresa Bellanova.
Ricorda che la prescrizione è una legge del 2019 e che le sue modifiche sono ferme in Parlamento, non al ministero. Sostiene, soprattutto, che il cuore della relazione di quest' anno - quella per cui si stanno facendo le ore piccole a via Arenula - conterrà soprattutto i progetti legati al Recovery Fund, dal quale si sono ottenuti tre miliardi per la giustizia. Un bocciatura del Parlamento sarebbe un male per il Paese, prima ancora che per il ministro.
giuseppe conte e i ministri durante l intervento di renzi in senato
Il precedente Sono andati anche a cercarsi i precedenti, nel governo, per vedere se un voto è proprio necessario. La scoperta non è delle più felici. A gennaio 2008 l'allora Guardasigilli Clemente Mastella fece la sua relazione senza risoluzioni. Ma solo perché quel giorno un'inchiesta su di lui e sulla moglie lo condusse alle dimissioni, in aula, tra le lacrime. Il video fu postato sul blog di Beppe Grillo. Sotto, ci sono ancora gli insulti.
meme sulla crisi di governo renzi e bellanova matteo renzi da massimo giletti matteo renzi