Enrico Marro per www.corriere.it
L'ultimo caso è scoppiato sul concerto di Paul McCartney, che in questi giorni avrebbe dovuto tenere due esibizioni in Italia (Napoli e Lucca), cancellate per il coronavirus e per le quali gli organizzatori hanno offerto ai possessori del biglietto il solito voucher per un altro spettacolo, anziché il rimborso. Per fortuna l’ex Beatles ha bocciato senza mezzi termini l’operazione («È veramente scandaloso che coloro che hanno pagato un biglietto per uno show non possano riavere i loro soldi»), costringendo il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, a dargli ragione: «È evidente che la ratio della norma è che il voucher valga solo per un concerto dello stesso artista e che se questo non si terrà lo spettatore avrà diritto al rimborso. Il Parlamento credo potrà intervenire in conversione per togliere ogni dubbio interpretativo sulla norma».
Ma il problema non riguarda solo concerti e spettacoli, bensì anche il turismo, ovvero viaggi e vacanze pagate in anticipo, mostre e musei, abbonamenti a piscine, palestre e altri impianti sportivi.
Le associazioni dei consumatori denunciano da tempo la situazione, ma solo ora il governo comincia a farea le prime caute aperture.
Secondo l’Aduc, è vero che le norme emergenziali varate dall’esecutivo e approvate dal Parlamento consentono l’utilizzo del voucher, ma questi provvedimenti «sono in aperto contrasto col diritto europeo, che ha valore superiore al diritto italiano». Inoltre, per quanto riguarda i viaggi, «c’è anche una pronuncia dell’Antitrust che intima il riallineamento alla normativa europea e una intimazione della commissione Ue pena l’avvio di una procedura d’infrazione». Ma vediamo più in dettaglio. E i consigli per consumatori e utenti.
Eventi e spettacoli
Il decreto legge Rilancio, ora all’esame della Camera, nel caso di eventi culturali e spettacoli cancellati a causa della pandemia, prevede anziché il diritto al rimborso del biglietto quello a un voucher da utilizzare entro 18 mesi dall’emissione, per quello stesso evento o spettacolo se esso viene riprogrammato in tempo o per un altro, e pazienza se lo spettatore era interessato esclusivamente a quell’artista o a quella performance per la quale aveva acquistato il biglietto. Il voucher, dice la norma, vale per gli «spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura».
paul mccartney contro i voucher in italia 2
Quando l’evento non viene cancellato ma semplicemente rinviato, magari di qualche giorno o di qualche settimana, come per esempio i concerti a Firenze dei Red Hot Chili Peppers (il 16 giugno invece del 13) o di Vasco Rossi (il 18 giugno anziché il 10), il biglietto resta valido. Ma se il titolare quel giorno non può, potrà solo chiedere il voucher di pari importo per un altro evento (e per i due concerti citati dovrà farlo entro il 26 giugno), altrimenti perderà i soldi.
«In tutto il resto d’Europa – dice l’Aduc - i biglietti per gli eventi saltati vengono rimborsati, solo l’Italia cerca di fare caso a parte violando le direttive europee in materia di clausole vessatorie (Direttiva 93/13/CEE) e di pratiche commerciali sleali (Direttiva 2005/29/CE)». Dopo le aperture di Franceschini, le associazioni dei consumatori chiedono che in Parlamento il decreto Rilancio venga modificato, prevedendo che il voucher sia una scelta dello spettatore, il quale, se non lo vuole, dovrebbe avere diritto al rimborso del biglietto. Nel frattempo, stanno arrivando molti reclami all’Antitrust e alla commissione UE affinché intervengano.
Viaggi
Secondo il decreto legge Cura Italia, chi ha acquistato un viaggio o un soggiorno nel periodo 23 febbraio - 31 luglio e non è potuto partire per via dell’emergenza coronavirus, otterrà, a discrezione del venditore (agenzia di viaggio, tour operator, ecc.), il rimborso di quanto speso oppure un voucher equivalente valido per un anno. Quasi sempre gli operatori decidono per il voucher suscitando il disappunto degli utenti. Che spesso lamentano anche di aver ricevuto buoni decurtati di penali varie. Inondata di proteste, alla fine, il15 maggio, la commissione europea ha dato tempo agli Stati fino al 28 maggio per adeguare le misure prese (in molti casi analoghe a quelle italiane) alle norme comunitarie, che anche in questo caso attribuiscono all’acquirente e non al venditore il potere di decidere se risolvere la questione con il rimborso di quanto pagato o un voucher sostitutivo.
A questo punto, dicono i consumatori, si può far valere il diritto comunitario, che prevale su quello italiano, attraverso una raccomandata andata e ritorno o una pec di messa in mora all’operatore. Secondo l’Aduc, può farlo «anche chi ha già accettato il voucher, qualora sia stato costretto dagli operatori a firmare una rinuncia al rimborso in denaro con la minaccia di perdere sia soldi che voucher».
Impianti sportivi
Piscine e palestre hanno potuto riaprire dallo scorso 25 maggio, rispettando le severe prescrizioni di sicurezza dettate dal governo. Che tra l’altro, rispetto a prima della pandemia, comportano una riduzione del numero di persone presenti in vasca o negli impianti. Anche qui, in base ai decreti legge vigenti, i gestori possono decidere se rimborsare i clienti per il periodo di chiusura o, come avviene quasi sempre, offrire un voucher che copre quello stesso periodo e utilizzabile entro un anno. Ma se una persona ha deciso che non vuole più praticare quello sport o andare in quella palestra o piscina? Le associazioni dei consumatori suggeriscono di chiedere il rimborso per il periodo di chiusura o per le restanti rate dell’abbonamento.
E se il gestore non accetta, di inviare una raccomandata andata e ritorno o una pec di messa in mora, intimando la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1463 del codice civile. Se entro 10 giorni non si ha alcuna risposta o si ha risposta negativa, spiega l’Aduc, occorrerà rivolgersi al giudice di pace. Se i pagamenti sono stati fatti con l’intermediazione di una finanziaria si potrà chiedere la risoluzione del contratto di credito al consumo alla stessa finanziaria (sempre per raccomandata a/r o pec), intimando la risoluzione del contratto di finanziamento ai sensi dell’art. 125 quinques del Testo Unico Bancario e il rimborso delle rate pagate per servizi di cui non si è potuto usufruire. In mancanza di risposta o di risposta negativa, ci si potrà rivolgere all’Arbitro Bancario Finanziario.