Francesco Grignetti per “la Stampa”
C'è anche l'ok del consiglio dei ministri e a questo punto la vendita delle navi da guerra all'Egitto è solo una formalità. Manca l'ultima firma di un ambasciatore, ma quel che conta è l'assenso al termine di un'informativa di Giuseppe Conte. Ai genitori di Giulio Regeni, che stasera saranno ospiti della trasmissione tv «Propaganda Live», su La7, non resterà che esprimere il loro dolore e la rabbia per una scelta che non comprendono.
Con il regime di Al-Sisi ha prevalso la logica dell'appeasement e non quella dei pugni sul tavolo. A palazzo Chigi viene presentata come un'offensiva di buon vicinato, che intrinsecamente apporterà anche migliori relazioni giudiziarie e investigative sul caso del delitto atroce di Giulio. In effetti, un primo timido risultato c'è stato: dopo un anno di gelo reciproco tra la procura di Roma e quella del Cairo, e un incontro di mera cortesia a gennaio scorso, è stata fissata a breve una videoconferenza tra le due autorità giudiziarie.
Se questo significherà passi avanti nell'inchiesta, si vedrà. La procura di Roma è alla finestra e aspetta di vedere che cosa diranno gli egiziani. Con il passaggio di ieri al consiglio dei ministri, diventano superate anche le polemiche interne ai partiti. Inutile il pressing dell'ultim' ora di Nicola Fratoianni, LeU.
Arriva tardi l'iniziativa di una fetta del M5S, che ha presentato un'interrogazione parlamentare per dire, visto che l'Egitto «continua a rifiutare ogni collaborazione politica e giudiziaria con il nostro Paese» sull'omicidio di Regeni e da ultimo c'è stato l'arresto del giovane Patrick Zaki, «si ritiene un grave errore sostenere una vendita così consistente di armi». Così anche nel Pd.
Matteo Orfini, esponente dell'anima di sinistra, si riprometteva di presentare un ordine del giorno alla Direzione dem di lunedì prossimo, in modo da costringere il partito a una discussione su un tema. Di contro, un esponente della segreteria più vicino all'ala moderata e al ministro della Difesa Lorenzo Guerini, quale Carmelo Miceli, responsabile nazionale per le Politiche della sicurezza, ribatteva già ieri mattina che la vendita delle navi è ottima e anzi indispensabile.
LORENZO GUERINI GIUSEPPE CONTE
«Questa commessa - ha detto Miceli a Radio 24, intervistato da Simone Spetia e Maria Latella - non è solo un affare commerciale. Dietro la fornitura di armamenti c'è un reciproco affidamento di carattere politico e geopolitico che può essere d'aiuto alla ricerca di verità su Giulio Regeni».
La vendita delle navi, insomma, è cosa fatta. Per ora, sono due fregate al prezzo di 1,2 miliardi di euro. Ma c'è un'opzione per altre navi da guerra, pattugliatori, caccia da combattimento e aerei da addestramento per un totale di 10 miliardi di euro. Andrà avanti pure la collaborazione con l'Eni nello sfruttamento di enormi giacimenti di gas. E non è solo questione di business.
A dispetto di un caso così doloroso e finito su un binario morto quale il rapimento, la tortura e l'uccisione di un giovane ricercatore italiano, il governo giallo-rosso sta scommettendo a tutto tondo sull'Egitto, in affanno per la sconfitta del suo campione libico, il generale Haftar, e per l'espansione nel Mediterraneo del nemico Erdogan.
«È inaccettabile - prosegue Miceli - la vulgata che vuole che con questa commessa si paga il silenzio su Regeni. Considerare questo rapporto commerciale con Egitto come una "mancetta" per l'acquisto del silenzio è scorretta. In questo momento non possiamo perdere un posizionamento geopolitico in Egitto.
L'Italia ha perduto il suo ruolo di riferimento in Tripolitania a vantaggio della Turchia e la nostra relazione con l'Egitto può essere il viatico per una ricollocazione dell'Italia tra i Paesi che contano in ottica pacifista».
AL SISI GIUSEPPE CONTE mbz haftar al sisi haftar e al sisi