Massimo Gramellini per corriere.it
Ergendosi in tutto il suo carisma nell’aula del Senato, Maurizio Gasparri ha preso la parola con un incedere degno di Marcantonio: «Non ho certo la presunzione di dare lezioni di storia come altri…»
Dopo una breve pausa per lasciarci il tempo di compatire questi «altri», ha aggiunto: «Ma qualche libro è bene leggerlo, ogni tanto». E lui, modestamente, li lesse.
I problemi sono iniziati appena ha esposto il risultato delle sue letture. Tema prescelto: la guerra di Crimea contro l’impero russo. Gasparri ha detto che fu combattuta dal regno di Piemonte tra il 1861 e il 1863 quando l’Italia ancora non esisteva, con ciò riuscendo nell’impresa di inanellare tre sfondoni in una sola frase.
Il regno piemontese si chiamava di Sardegna, la guerra di Crimea fu combattuta nel decennio precedente, e tra il 1861 e il 1863 l’Italia era già nata.
Persino il senatore latinista Lotito, seduto accanto all’oratore, dopo avere annuito vigorosamente ai primi accenni di Crimea, sentendolo sciorinare date a casaccio si è guardato intorno smarrito in cerca di un Bignami. Bisogna riconoscere che Gasparri ha poi saputo spiegare la ragione che spinse Cavour a partecipare a una guerra in cui non aveva niente da guadagnare, se non il fondamentale ingresso nel salotto buono d’Europa.
Quindi qualche libro lo ha letto davvero. È che ha voluto esagerare, esponendosi così agli sberleffi di Calenda, la cui maggiore autorevolezza deriva dal fatto incontestabile che con Cavour ha in comune ben due lettere del cognome.
gasparri GAFFE DI GASPARRI SULLA GUERRA DI CRIMEA GAFFE DI GASPARRI SULLA GUERRA DI CRIMEA CARLO CALENDA ALLA PRESENTAZIONE DELLA CANDIDATURA DI LETIZIA MORATTI