Alessandro Trocino per il “Corriere della sera”
I peones (dallo spagnolo peone, pedone) arrivano come da definizione, a piedi, alla spicciolata. Una sosta alla buvette deserta, due chiacchiere in un Transatlantico sonnolento. Qualcuno scherza, come Davide Tripiedi, che alza il pugno chiuso e sorride: «Si torna alle origini!». La sensazione è che ci sia sollievo in una parte del gruppo all' idea di liberarsi di un governo che aveva preso una china troppo di destra. Ma, per ora, non ci si è liberati ancora di nulla, e l' assemblea dei 5 Stelle è un magma incandescente. Ognuno ha la sua sensibilità politica, la sua storia, una poltrona da difendere o conquistare.
ROBERTO FICO - GIULIA SARTI - LUIGI DI MAIO
Luigi Di Maio ribadisce la fiducia a Conte. Attacca Salvini, come ha fatto spesso in questi giorni, definendolo «disperato». Poi, però, dice che «la Lega ha ancora depositata la mozione di sfiducia al governo». Come a dire: se la toglie se ne può riparlare. Quanto basta per spaventare chi già si era messo l' anima in pace e si apprestava a salire sul carro del Pd. Di Maio nega anche «aperture ad altre forze politiche». Poi dice «mai con Renzi, Boschi e Lotti». Peccato che oggi il Pd, nella sua rappresentanza parlamentare, sia in mano ai renziani.
L'assemblea è spaccata. Ci sono quelli che vogliono dire basta a Salvini, come Federico D' Incà e Giuseppe Brescia. E quelli che sentono già nostalgia della Lega, per affinità o per paura di perdere un posto nel governo.
C'è anche chi non si fida dei vertici. Passa la linea che vuole, nelle trattative di queste ore, l' affiancamento dei presidenti di Commissione al capo politico e ai capigruppo. Il timore di qualche colpo di mano dell' ultimo minuto lo esprime Doriana Sarli: «Voglio che sia ribadito che il no alla Lega è definitivo. È contraddittorio continuare a dire che voteremo il taglio dei parlamentari, perché se questo avverrà, avremo una posizione di fatto comune alla Lega, come ha detto Mattarella».
luigi di maio roberto fico napoli
La Sarli chiede rappresentanze parlamentari e contesta Rousseau: «È un momento delicato, non so se ci saranno voti online, ma ci siamo lamentati spesso del fatto che è una piattaforma di sconosciuti. Dobbiamo invece valorizzare il gruppo, spesso delegittimato». C' è un altro segnale di disagio, che arriva da Emanuela Corda. La deputata fa una domanda semplice, che in molti si sono posti: «È confermato che non ci saranno deroghe al tetto del secondo mandato?».
Non è confermato, perché nessuno risponde. E anche questo spacca il gruppo, tra chi ha paura delle elezioni, perché significherebbe la fine della sua carriera, e chi non le teme (ma teme una deroga, che porterebbe a una sicura non elezione per chi è al primo mandato, vista la contrazione dei voti).
Tra i più filo leghisti c' è Gianluigi Paragone. E in molti fanno il nome di Stefano Buffagni, che ieri ha detto, parlando di Salvini: «Invece di dire che ha il telefono acceso, lo usasse». Un invito a tornare a parlarsi, forse fuori tempo massimo. Decisamente critico contro i democratico è Diego De Lorenzis: «Avevamo detto no al Pd perché non ci fidavamo e ora ci caschiamo di nuovo?». Ma nel gruppo quasi tutti sono per provarci, sia pure tra mille distinguo.
Roberto Fico tace, per la sua posizione istituzionale e per il possibile ruolo in un governo con il Pd. Brescia, vicino a lui, spiega che «l' obiettivo è ridimensionare Salvini». Persino Carla Ruocco dà l' ok a un patto di legislatura «se i punti sono chiari e condivisi». E a chi ha ancora qualche dubbio, Federico D' Incà dice: «La Lega ci voleva morti, non dobbiamo avere rimorsi».
Tornare indietro, ora, sarebbe anche pericoloso. Una vecchia volpe della politica, Gianfranco Rotondi, la butta lì: «Ci sono 12 senatori grillini in sonno pronti a votare no alla fiducia e a passare con Salvini». Una sorta di scouting leghista, per strappare parlamentari e voti ai 5 Stelle e dirottarli in una nuova maggioranza.