1. LA STRATEGIA DI DI MAIO CON IL SOSTEGNO DI GRILLO «CI HO MESSO LA FACCIA» MA C'È IL RISCHIO SCISSIONE
Emanuele Buzzi per il ''Corriere della Sera''
Tutti vittoriosi e tutti scontenti. I big del Movimento hanno il calice mezzo pieno e l' amaro in bocca. Il punto politico della giornata è l' affermazione dell' asse tra Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Beppe Grillo. Una sorta di patto a tre sancito qualche sera fa da una cena tra il premier e il ministro. Un via libera al rapporto stabile con i dem (che trova anche la «soddisfazione» del presidente della Camera Roberto Fico, che si è speso per più di un anno per questo risultato), che non è prevalso però con percentuali bulgare come è successo per il sì al bis di Virginia Raggi.
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Di Maio non a caso è tra i primi a festeggiare l' esito del voto sui social: «Da oggi inizia una nuova era per il Movimento». E parlando ai suoi ricorda che il voto è «molto importante per il futuro. Ancora una volta gli iscritti sono stati determinanti delle nostre scelte.
Anche per questo tutt' oggi ci distinguiamo dal resto delle forze politiche». L' ex capo politico rivendica poi il suo peso sulla votazione: «Ci ho messo la faccia in questa votazione perché bisogna assumersi le proprie responsabilità. Siamo in una fase molto delicata, il movimento sta affrontando una prova di grande maturità». E cerca di glissare sul terzo mandato: «La votazione di ieri era rivolta principalmente ai nostri consiglieri comunali e sindaci». Perché in realtà incassa una frenata al terzo mandato per i parlamentari. Qui a prevalere è Davide Casaleggio, che riesce a mettere un argine ai governisti, ma deve ingoiare (proprio nel giorno in cui cadeva il compleanno del padre, da sempre contrario a un asse con i dem) l' alleanza con «i partiti tradizionali».
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Chi ha avuto modo di sentirlo parla di boccone indigesto per il presidente di Rousseau. Insomma, si ha l' impressione netta di trovarsi di fronte a un compromesso fragile e a orizzonti incerti per i Cinque Stelle. E torna ad aleggiare lo spettro di una scissione dell' area di Di Battista dopo gli Stati generali. Da una parte e dall' altra non mancano lamentele e piani di rivalsa.
«Che fine ingloriosa abbiamo fatto», dice un esponente di governo. C' è chi contesta: «Può un reggente uscire con una votazione del genere a Ferragosto?». E chi preannuncia: «Per il terzo mandato ai parlamentari abbiamo ancora quasi tre anni di tempo».
In un contesto magmatico Di Maio continua a muoversi come regista invisibile degli equilibri, rivendicando il proprio peso parlamentare e restando lontano dalla corsa alla leadership, dalle grane che il ruolo di capo politico comporta, ma con potere di «orientare» il presente e il futuro del M5S e del governo. La polemica interna non si placa, anche se alcuni big come Nicola Morra provano a ricomporre le fratture: «Il punto non è il terzo mandato o le alleanze, ma consolidare i valori che il M5S rappresenta», dice il senatore al Corriere .
beppe grillo davide casaleggio
E precisa: «Se taglieremo significativamente gli emolumenti a tutti i parlamentari e combatteremo le nostre battaglie di legalità e trasparenza, a partire dal conflitto d' interessi, il M5S continuerà a essere quello di sempre: una forza al servizio dei cittadini che impone l' agenda agli altri». La guerra intestina rischia ora di diventare una guerriglia infinita tra le fazioni a livello locale: le varie alleanze, così come è successo per le liste civiche in Puglia, dovranno essere ratificate da votazioni «territoriali» sul blog.
2. RIVOLTA DENTRO IL M5S SCIOPERO DEI 300 EURO CONTRO CASALEGGIO
Ilario Lombardo per ''La Stampa''
Nuova era, vecchi problemi.
Faide, liti, convulsioni. E Davide Casaleggio di nuovo trasformato in bersaglio, perché parla a nome del M5S, come fosse il padre padrone dei suoi destini, senza più uno straccio di riconoscimento da parte dei gruppi parlamentari. La votazione convocata a sorpresa, nella distrazione generale di un agosto preda del caldo e del coronavirus, per sanare in fretta e furia un' eccezione alla regola, ha strabiliato e fatto irritare tanti, anche ai vertici del M5S. Ma quando il figlio del fondatore ha annunciato, a risultati ormai noti, che il 4 ottobre si sarebbe discusso dei grandi cambiamenti, lo stupore si è trasformato in rabbia.
Non solo. Casaleggio lancia pure una sfida a chi si batte da mesi per una leadership estesa alla testa di un vero e proprio partito: «Il vero organo collegiale decisionale del Movimento sono sempre stati gli iscritti» appunta il figlio di Gianroberto.
Gli sfoghi cominciano a intasare le chat. Deputati e senatori si chiamano a vicenda, per contarsi e organizzare quella che una fonte definisce la «grande rivolta dei 300 euro». È il contributo che ogni eletto, da contratto firmato al momento della candidatura, è costretto a destinare all' Associazione Rousseau che gestisce l' omonima piattaforma, presieduta da Casaleggio jr. Secondo la fonte, sono almeno 80 pronti allo sciopero dei 300 euro, già a settembre. Molti di più, si calcola tre quarti del gruppo di Camera e Senato, chiedono di condividere una qualsiasi azione contro Davide - si parla di una mozione interna - per strappargli dalle mani piattaforma e controllo del M5S.
Tra i direttivi dei gruppi di Camera e Senato, ministri e sottosegretari del M5S, si chiedono a che titolo parli: fissare un appuntamento a ottobre, ai loro occhi, vuol dire svuotare di senso gli Stati Generali di cui si attende ancora una data.
Mentre sul metodo tutti sono d' accordo: è stato opaco, senza la possibilità di un dibattito vero, chiamando a raccolta gli iscritti al blog e senza mai un dialogo con i parlamentari.
C' è chi come Dalila Nesci, animatrice della para-corrente Parole guerriere, chiede di organizzare questa sorta di congresso. E chi come il senatore Emanuele Dessì usa argomentazioni ultimative: «Ci siamo trovati a Ferragosto, periodo simbolo delle porcate politiche della Prima Repubblica, con un personaggio ormai alieno rispetto al M5S, il signor Casaleggio, che si inventa una votazione sentendo esclusivamente Crimi, il quale solo formalmente è capo politico (doveva essere reggente per 30 giorni. . . )» .
ANDREA SCANZI PAOLA TAVERNA GIULIA SARTI
Dessì è l' uomo che si muove per conto di Paola Taverna. Sembrano passaggi apparentemente secondari, ma nel Movimento in questo momento sono considerati vitali e fanno quasi passare in secondo piano gli storici risultati dei due quesiti di ieri. Una maggioranza bulgara di iscritti (80%) si è espressa per superare la regola dei due mandati, nonostante le motivazioni ad personam del quesito (la ricandidatura di Virginia Raggi a Roma). Mentre le alleanze coi «partiti tradizionali» sembrano più difficili da digerire: lo spiega bene quel 59% di favorevoli che fotografa una spaccatura del M5S di fronte alla principale rivoluzione che si appresta a vivere il grillismo.
Luigi Di Maio, tornato a muoversi da capo politico senza esserlo formalmente, esulta: «Inizia una nuova era». Proprio lui, che ha dovuto inghiottire l' alleanza di governo un anno fa, lui che per mesi si è detto contrario che venisse replicata altrove, sbandierando la teoria del Movimento ago della bilancia né con la destra né con la sinistra. Ma la voglia di leadership mai sopita ha fatto comprendere a Di Maio che sarebbe stato difficile fare a meno del centrosinistra. Così vuole Beppe Grillo e così vuole la maggioranza degli eletti.
emanuele dessi' virginia raggi
Il ministro degli Esteri ha dovuto fare pace con questa ineluttabilità e ha capito che l' unica legittimazione da leader gli può provenire dal Pd. Rinnegare se stessi per sopravvivere: in questo M5S e Di Maio si assomigliano, il secondo asseconda l' evoluzione del primo.
Aprire a terzo mandato e alleanze vuol dire garantire una carriera politica più duratura a sé e agli altri. Anche se Di Maio non fa ancora il passo che diversi deputati e senatori gli chiedono: assorbire la piattaforma nel M5S ed estromettere Casaleggio jr, unico ostacolo rimasto per il superamento definitivo del tetto dei due mandati a livello nazionale.