Francesco Olivo per La Stampa
Chi va in cerca di momenti epici trova in questi giorni materiale infinito. Due navi da crociera attraccate al porto di Barcellona e una a quello di Tarragona fanno scattare paragoni arditi: dentro, per una volta, non ci sono i famigerati turisti, ma un migliaio (almeno) di agenti della Guardia Civil inviati in Catalogna vista l' aria che tira. L' immagine diventa facilmente preda della retorica popolare: «Sbarcano, ci invadono», si dicono due ragazzi con bandiera indipendentista. La polizia spiega che si tratta puramente di logistica: è impossibile piazzare tutti in caserme e hotel e che quindi sono stati affittati i traghetti (Moby e Grandi Navi Veloci).
L' arrivo delle forze dell' ordine dovrebbe riportare legalità e calma in ore convulse, ma provoca l' effetto opposto: scoperta l' identità dei croceristi, i portuali di Barcellona si riuniscono in assemblea e decidono di non rifornire di acqua e cibo le due navi. Niente di grave (gli agenti scendono a piedi e fanno la spesa), ma l' epica prende piede.
Guardia Civil con i Mossos desquadra
Il giorno dopo del lunghissimo mercoledì, con gli arresti e la rivolta di piazza, si respira una calma carica d' attesa. Qui e là spuntano manifestazioni. La più grande è davanti al tribunale per pretendere la libertà dei 14 funzionari arrestati nel blitz del 20 settembre. In serata la maggior parte di loro torna in libertà (con multe da pagare). L' indipendentismo fa registrare due successi non banali: interesse misto a simpatia all' estero (ieri anche il Times si è schierato per il referendum) e l' allargamento della propria base.
Blitz e manette hanno fatto impressione anche ad alcuni di quelli che non avrebbero voluto un referendum unilaterale. La Generalitat è un' istituzione molto sentita dai cittadini, a prescindere dal partito che comanda, e vedere l' irruzione in grande stile in quei palazzi ha allontanato dalla Spagna vasti settori, che infatti sono scesi in piazza.
Ada Colau, sindaca di Barcellona, con un curriculum non nazionalista, è tra questi: «Le istituzioni catalane adesso vanno difese», ha dichiarato chiamando i cittadini a mobilitarsi. Se si cerca un mediatore, non ci si rivolga a Bruxelles: «Non abbiamo queste competenze. Rispettiamo l' ordine costituzionale della Spagna», ha spiegato il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas. Da Madrid intanto arriva un' offerta che non cambia le cose: «Rinunciate al voto e arriveranno riforme», dicono con accenti diversi socialisti e popolari, in un appello che resta inascoltato.
La grande domanda che circola è: il referendum è confermato? La macchina preparatoria è stata fortemente ostacolata dalle azioni di polizia (quasi dieci milioni di schede sequestrate). Tra le fila indipendentiste aumentano le voci della cancellazione della consultazione. Circolano varie ipotesi alternative, nessuna delle quali prevede una resa a Madrid. Poi, nel pomeriggio, a sorpresa, con un tweet il presidente della Generalitat Carles Puigdemont pubblica un link a un sito che indica il luogo dove ciascuno potrà votare, informazione finora tenuta sotto assoluto segreto.
La pagina web va subito in tilt, e probabilmente, come già successo in queste settimane, sarà oscurata dalla polizia spagnola. Ma si tratta di un messaggio preciso, un rilancio della sfida, quando il governo Rajoy riteneva quello del referendum un discorso chiuso. Come è un messaggio a Madrid la decisione di Puigdemont di pagare con una settimana di anticipo gli stipendi settembre dei funzionari catalani per aggirare il blocco dei conti deciso dal governo.
Il colpo ad effetto del leader indipendentista, tuttavia, non spegne affatto le speculazioni sul futuro. La Generalitat fa sapere che, almeno in teoria, c' è tutto il tempo per riorganizzare la consultazione, anche se è ormai difficile garantire validità legale a un voto che si svolgerà, ammesso e non concesso, in condizioni assai precarie.
Le ipotesi, in caso di sospensione del voto, su cui si esercitano i politici in queste ore sono di fatto due. La prima prevede un ritorno alle urne con i partiti indipendentisti uniti in un grande listone, con un solo punto programmatico: secessione. In queste regionali plebiscitarie sull' onda emotiva delle operazioni poliziesche spagnole l' obiettivo sarebbe varcare per la prima volta la soglia del 50% (nel 2015 si sono fermati al 47,8%) e quindi dire addio a Madrid.
L' altra è più radicale e viene chiamata con una sigla: Dui, ovvero dichiarazione unilaterale di indipendenza. In sostanza, davanti all' impossibilità di celebrare un referendum legale, i partiti voterebbero una legge che prevede l' addio a Madrid, una misura che piace all' ultra sinistra della Cup, ma meno ai più ragionevoli della coalizione. «Siamo sotto attacco, dobbiamo sempre rilanciare», spiegano dal Palau della Generalitat. Scommesse infinite per un futuro che fa paura a tutti.