Francesco Semprini per "la Stampa"
Prima ancora di iniziare il conflitto, la Russia ha dato inizio alla sua offensiva nei confronti dell'Ucraina sulla quinta dimensione bellica, quella cibernetica. È questa la denuncia che arriva dalle cancellerie occidentali così come dagli stati maggiori di Kiev, in attesa di capire se e quando Vladimir Putin darà ordine all'armata russa di varcare i confini occidentali. Al momento l'ipotesi invasione appare complicata se analizzata sulla base delle 147 mila truppe schierate da Mosca a ridosso del confine.
«Troppo pochi», dicono gli strateghi di mezzo mondo che tuttavia dipingono scenari alternativi, come quelli della guerra ibrida, asimmetrica ed eventualmente per procura. Per gli americani Mosca ha molte opzioni fra cui manovre per mettere fuori uso le infrastrutture ucraine, ma anche - ed è questa la novità di rilievo - centinaia di false bombe. La polizia ucraina ha ricevuto quasi mille messaggi anonimi nel mese di gennaio, soprattutto via e-mail, con falsi allarmi bomba in circa diecimila posizioni occupate da scuole, ministeri, uffici e infrastrutture essenziali.
«Fake news» con «fake bomb», volte a paralizzare le attività e gli stati d'animo, con la quotidianità che si spezza tenendo in ostaggio la vita dei cittadini. «Vogliono destabilizzarci dall'interno», sostiene Viktor Zhora, vicedirettore dei Servizi di protezione della Comunicazione. L'obiettivo russo, secondo Kiev, è indebolire progressivamente il Paese, provocando malcontento e proteste simili a quelle fomentate nell'Est del Paese nel 2014 per giustificare un intervento. Insomma, portarlo a una crisi di nervi secondo lo schema consequenziale di attacchi cyber, azioni di sabotaggio e manovre di quinte colonne per fomentare il casus belli.
Stretta tra paura e voglia di andare avanti, Kiev prova a smorzare i toni, mettendo in discussione il «panico» creato tra la popolazione e nei mercati dalle decisioni di molti alleati occidentali di richiamare i propri cittadini e il personale non essenziale delle ambasciate. Una mossa che viene difesa invece dal segretario di Stato Antony Blinken, che l'ha definita «la cosa più prudente da fare». Uno schema di cui è parte anche la Russia che si è detta «preoccupata» per la decisione dell'Osce di trasferire parte del proprio personale dall'Ucraina.
La guerra (preventiva) ibrida è del resto praticata in entrambe le direzioni con la tattica informativa degli Usa che hanno deciso di diffondere le informazioni di intelligence al grande pubblico nel tentativo di ostacolare i piani del presidente russo Vladimir Putin. Se in Crimea e Georgia gli americani avevano tenuto segrete le informazioni e lasciato di fatto campo libero all'azione russa, stavolta Usa e Gran Bretagna si muovono diversamente. Lasciano trapelare le informazioni nel tentativo di anticipare e così sventare le mosse russe.
Dalla denuncia del presunto golpe a Kiev, alla costruzione del casus belli, sino alla pubblicazione minuziosa degli spostamenti di truppe: la divulgazione di questo materiale - nella speranza di Washington - mostrerebbe la forza e la determinazione Usa spingendo Putin a non agire. Il rischio è bruciare le fonti sul terreno. «Ma ogni tentativo americano di usare l'intelligence per plasmare l'opinione mondiale» fa i conti con «l'ombra della guerra in Iraq», chiosa il Financial Times ricordando come nel 2003 gli Usa riuscirono nei loro sforzi per costruire una coalizione anti Saddam Hussein sulla base di informazioni di intelligence sulla presenza di armi di distruzione di massa nel Paese. Il fatto che non siano mai state trovate ha però indebolito a lungo la credibilità americana.
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