Laura Cesaretti per “il Giornale”
le foto promo di fedez sul nuovo disco 1
Lo hanno chiamato «emendamento Fedez», anche se Fedez (assai più interessato al marketing del suo brand che alla politica attiva) non c'entra nulla. Ma sul suo nome, nella notte di mercoledì, si è spaccata la maggioranza: centrodestra da una parte, Pd e M5s dall'altra, Italia viva astenuta, alcuni grillini «consapevolmente» assenti.
Voto finito in parità, 19 a 19, e conseguente vittoria dei contrari all'emendamento, ossia Lega e Fi (con Fdi). Oggetto del contendere, nella Commissione Bilancio che esaminava il decreto Recovery, la proposta del radicale Riccardo Magi di introdurre la firma digitale, già in vigore per i referendum, anche per la sottoscrizione delle liste elettorali, cui sono tenuti i partiti che non siano già presenti in Parlamento.
Una innovazione, spiegano i sostenitori, che avrebbe reso più trasparente e sicura la procedura, dopo anni e anni di denunce di irregolarità, scandali per firme false, persino condanne.
Le regole attuali, infatti, obbligano a raccogliere un numero assai alto di firme in tutti i collegi, a sostegno delle candidature. Il centrodestra si è opposto, obiettando che la materia era estranea al dl Recovery (che però si occupa ampiamente di digitalizzazione) e perché «in astratto questa norma potrebbe permettere a un influencer come Fedez di presentare una lista», ha sostenuto il leghista Borghi, mentre «la politica dovrebbe significare militanza attiva sul territorio».
Alla fine della discussione si dividono anche i relatori di maggioranza: il dem Gianni Dal Moro a favore, l'azzurro Roberto Pella contro. Dal governo arriva il parere negativo («È stata la burocrazia del Viminale, istintivamente contraria alle innovazioni, a spingere in questa direzione», spiegano i proponenti), quindi i rappresentanti di Italia viva spiegano di non voler votare in dissenso dall'esecutivo, e annunciano l'astensione.
La votazione finisce pari e le regole parlamentari attribuiscono la vittoria ai contrari, che escono soddisfatti dalla tenzone. «Nel rapporto tra cittadini e Stato si va sempre più verso la digitalizzazione, ormai con l'identità Spid si accede a atti, documentazioni, servizi - dice il relatore (favorevole alla proposta) Gianni Dal Moro - è una procedura estremamente sicura e sperimentata, che eviterebbe i pasticci e i brogli cui assistiamo da anni».
Senza contare, aggiunge, che «equiparare la firma digitale, che ha una procedura rigorosa, trasparente e controllata, al "mi piace" messo su Facebook all'influencer di turno è insensato».
Al voto dell'altra sera non hanno partecipato l'esponente di Leu e 4 grillini, e Magi attacca: «Non è stato un caso: l'esito del voto è frutto del peggior consociativismo: è evidente che la bocciatura dell'emendamento sia stata scambiata, tra centrodestra e M5s, con il via libera alla proroga dei navigator che stava a cuore ai pentastellati, le cui assenze la hanno determinata».