Antonello Guerrera per ''la Repubblica''
BORIS JOHNSON TORNA A DOWNING STREET DOPO IL CORONAVIRUS
"Salus populi suprema lex esto”, "la legge suprema sia il benessere della popolazione". Si presenta così, citando l’amato Cicerone, il “nuovo” Boris Johnson, che oggi tornerà pienamente al lavoro a Downing Street dopo il contagio da coronavirus dello scorso mese, aver rischiato di morire in terapia intensiva al St Thomas hospital di Londra “che mi ha salvato la vita” e una decina di giorni di convalescenza a Chequers, la residenza di campagna dei premier britannici. "Non vedo l'ora", ha fatto filtrare il premier. C’è chi dice, al numero 10 di Downing Street, che Boris da “falco” sia diventato “colomba”, per lo meno sul coronavirus.
Perché Cicerone
Johnson ha citato Cicerone durante un consiglio dei ministri informale e via teleconferenza avvenuto ieri sera. Questo in teoria non sorprenderebbe, dato che Boris ha sempre amato la cultura greco-latina, ha un busto di Pericle (suo idolo come Churchill) in ufficio, a Oxford si è laureato proprio in studi classici, il suo vecchio saggio “Il sogno di Roma” è stato pubblicato anche in Italia molto tempo fa e ancora oggi Johnson ricorda e decanta a memoria e in greco antico buona parte dell’Iliade.
Ma la citazione ciceroniana incarna anche il nuovo approccio del premier britannico. Ovvero, molta più cautela nelle decisioni, soprattutto sul coronavirus, su cui in passato si è lasciato guidare dal suo celebre istinto e da un ingenuo scudo di invincibilità che si è sgretolato giorno dopo giorno, non solo in lui ma anche nell’opinione pubblica britannica ora molto più accorta alle prese col Covid 19. Del resto, uno dei temi principali dell’incontro ieri tra Boris e i ministri è stato proprio questo: quando riaprire il Regno Unito?
Quando e come riaprire il Regno Unito?
Da giorni, anche a causa dell’assenza del premier, si scontrano nel gabinetto di governo due ministri. Uno è il 39enne, rampante e talentuoso cancelliere dello Scacchiere (cioè il ministro delle Finanze) Rishi Sunak, il quale ovviamente pensa alle conseguenze economiche del lockdown deciso il 23 marzo scorso da Johnson e quindi spinge per riaprire il Paese, perlomeno parzialmente. Sunak ha presentato un piano da quattro punti, in cui verrebbero riaperte le scuole e tutti i negozi non essenziali con una metratura sufficiente per attuare il “distanziamento sociale”, riavviate le attività lavorative in base alle nuove norme di sicurezza e di pulizia dei locali e allentate le regole sociali che impongono la permanenza a casa dei britannici. Con il cancelliere ci sono molti deputati conservatori che, pressati dalle proprie circoscrizioni, hanno sposato la causa di un primo ritorno alla normalità.
Da “falco" a "colomba” sul virus
Ma se Johnson in passato “stringeva le mani a tutti” e ha mostrato una certa incoscienza nei confronti del Covid-19, ora sembra molto più timoroso e cauto sulla questione. Un falco diventato colomba riguardo a questa emergenza? Vedremo quanto esiterà nella imminente riapertura, seppur parziale, del Paese. Di certo con lui c’è il ministro della Salute Matt Hancock, colui che si è scontrato di recente con il collega Sunak. Secondo Hancock non è ancora il momento di riaprire, anche se oggi ci sono stati diversi dati positivi, come il numero di morti per Covid-19 più basso del mese (368) e un corposo calo di ricoveri in ospedale: il rischio, per il ministro della Salute, è ancora altissimo e "non possiamo permetterci una nuova ondata di contagi”. Johnson è con lui: teme fortemente ora un “secondo picco” che avrebbe danni ancora peggiori per l’economia. Difatti si parla di imminenti misure più stringenti: due settimane di quarantena a tutti coloro (britannici e non) che ritorneranno in Regno Unito, con sintomi o meno. E un uso delle mascherine diffuso e sostanzialmente imposto nei luoghi chiusi, in metropolitana e su tutti i mezzi pubblici.
Rischio 100mila morti
Vedremo chi la spunterà. Di certo, l’emergenza coronavirus non è finita. Secondo Neil Ferguson, il professore dell’Imperial College di Londra autore dello studio che fece cambiare idea a Johnson, Trump e Macron sulla necessità del lockdown, c’è il rischio che possano morire 100mila persone quest’anno nel Regno Unito qualora il Paese venisse riaperto gradualmente cercando di proteggere e confinare solo gli anziani e i più deboli: “È un modello che non funziona”. Secondo la University of Washington, in linea con Ferguson, il Regno Unito rischia di avere oltre 60mila morti entro agosto se attuerà misure eccessive nel ritorno “alla normalità”.
La scommessa dei test e la “patente di immunità"
Allo stesso tempo, il governo ha ordinato 50 milioni di test sierologici, quelli che misurano la quantità di anticorpi nell’organismo e quindi rivelano se un individuo ha già avuto il coronavirus, come i 4 milioni annunciati per maggio in Italia. Saranno super rapidi, con il risultato in 20 minuti grazie a un minimo prelievo di sangue. Il governo li ha già ordinati dopo la figuraccia di qualche settimana fa, quando ne comprò altri milioni dalla Cina che poi si sono rivelati una clamorosa fregatura perché inattendibili (ora Londra sta cercando da giorni di farsi ridare almeno parte dei soldi).
L’obiettivo oltremanica, grazie a questi milioni di test, è “tornare a socializzare e lavorare entro giugno”, con tutte le norme di distanziamento sociale ma dando sostanzialmente via libera al ritorno nella società a coloro che hanno già contratto e superato il coronavirus. Un obiettivo estremamente ambizioso (per alcuni pericoloso) che cela inoltre la valenza particolare che il governo dà a questi test sierologici: mentre in Italia è stato subito messo in chiaro che questi milioni di test non daranno una patente di immunità, nel Regno Unito lo scopo è proprio questo. Pare che il governo li considererà veri e propri test di immunità, ignorando le linee guida di ieri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.