1 - ESSERE O NON ESSERE GIORGIA
Massimo Gramellini per il “Corriere della Sera”
Giorgia Meloni è di destra. Come tale, in una Repubblica fondata sulle curve, è legittimata a dire solo cose che ci si aspetta da una di destra. Così facendo, ottiene il plauso incondizionato dei seguaci e il rispetto arcigno dei rivali. Ma appena solidarizza con la madre nigeriana sbertucciata in ospedale da alcuni pazienti, perché secondo loro piangeva in modo scomposto la morte della sua bambina, raccoglie le critiche di entrambe le fazioni. Quelli di destra la accusano di avere voluto compiacere gli avversari.
Quelli di sinistra di razzolare meglio di come predica. E un po' tutti di essersi espressa «da madre», come se provare empatia per un' altra donna che ha perso il figlio rappresentasse un cedimento sentimentale o, peggio, un alibi «buonista» per giustificare la propria incoerenza. Il desiderio di semplificazione insito negli esseri umani e la tendenza del web a privilegiare i settarismi sembrano inchiodare i protagonisti del dibattito pubblico a una casella prefissata.
GIORGIA MELONI AL SALONE DEL MOBILE
Quando uno di loro, in preda a un afflato emotivo, esce dallo schema assegnatogli dal pregiudizio che lo riguarda, provoca negli spettatori una sensazione di spaesamento, come il venire meno di una certezza. Dai politici e dagli editorialisti si pretende che siano sempre uguali a sé stessi. La loro prevedibilità è rassicurante, specie per chi li detesta. Se domani Zingaretti dicesse che non ne può più delle tasse e Salvini che ha un amico in qualche Ong, i primi a sentirsi traditi sarebbero quelli che non li votano.
2 - MELONI, TWEET E ATTACCHI SULLA MADRE NIGERIANA: NO AD AMBIGUITÀ TRA I MIEI
Paola Di Caro per il “Corriere della Sera”
Non ci ha pensato su molto. Anzi, l'ha fatto «di getto, per un bisogno naturale».
Quando ha saputo della brutta, orribile storia, mercoledì scorso, ha buttato giù un tweet: «A Sondrio donna nigeriana derisa in ospedale perché urlava per la morte della figlia di 5 mesi. Da madre non posso che provare profondo disprezzo per chi è così infame da insultare una donna straziata dal dolore più atroce che si possa provare. Che schifo», ha scritto Giorgia Meloni.
giorgia meloni a belve da francesca fagnani 8
Quarantotto ore dopo, duemila commenti, 900 retweet e ottomila «mi piace» testimoniano che l' uscita è stata gradita a tanti. Ma ha diviso e fatto discutere la Rete, anche per i commenti critici provenienti dalla sua parte politica. C' è chi non si accontenta: «La tua solidarietà è solo da madre? Se fossi stata single non l' avresti data? Troppo facile così». Chi non la ritiene legittimata, in quanto politica di destra, per intervenire sul tema delicato delle discriminazioni: «Siete voi con le vostre politiche fasciste ad aver creato questo clima», le ha replicato più d' uno.
«Solidarietà sotto Natale? È solo ipocrisia e opportunismo», hanno attaccato altri.
C' è chi la difende, come Roberto Burioni, da diversa area politica: «È molto importante che tutti prendano posizioni nette e inequivocabili su fatti di questa gravità», scrive l' immunologo citando il tweet di Meloni, e finendo anche lui nella polemica di chi alla leader di FdI non crede o non perdona la militanza.
Cosa che fa indignare la diretta interessata: «Quelli che contestano il mio diritto di esprimermi su un tema del genere sono degli imbecilli. Non ho mai alimentato un clima di razzismo, sono pronta a qualsiasi confronto con chiunque su questo. Non troveranno mai una mia parola contraria ai diritti e al rispetto delle persone. E se ho fatto quel post è perché non voglio ci sia alcuna ambiguità sul razzismo, nemmeno per il mio popolo e per chi mi segue. Per me il rispetto della persona, degli individui, delle identità è totale».
Chiaro che la solidarietà umana a una donna offesa nel momento di massimo dolore è diversa da una presa di posizione sulle politiche di integrazione. Ma su questo Meloni rivendica coerenza e contrattacca: «Chi alimenta il razzismo è una sinistra che con demagogia irresponsabile parla di accoglienza indiscriminata scaricando poi il peso della gestione, dell' integrazione, della sostenibilità degli ingressi sui più poveri, sulle periferie, scatenando davvero fenomeni di intolleranza».
giorgia meloni e la caprese 10
E ancora: «Le battaglie contro il neocolonialismo, per la difesa di ragazze nigeriane portate qui senza controllo e poi lasciate in mano ai racket della prostituzione le ho fatte io, non altri. Razzista è chi non si pone questi temi come cruciali». Per questo, è la conclusione tranchant, «trovatemi una parola sbagliata da me pronunciata, e poi ne riparliamo. Con una società fuori controllo, che arriva - se provato - ad agire in maniera vergognosa contro una donna che perde un figlio, io non voglio avere nulla a che fare».
GIORGIA MELONI E ANDREA GIAMBRUNO giorgia meloni e la caprese 15