IN ITALIA SE NON SI SFORBICIA SULLA SALUTE, SI TAGLIA SULL’ISTRUZIONE - VOLANO GLI STRACCI TRA I RETTORI ITALIANI E LA MINISTRA DELL'UNIVERSITÀ ANNA MARIA BERNINI - SECONDO LA CONFERENZA DEI RETTORI (CRUI), TRA I TAGLI PALESI E NASCOSTI NEL DECRETO, GLI ATENEI RICEVERANNO 500 MILIONI IN MENO - I RETTORI: “A RISCHIO LA SOPRAVVIVENZA DELL'UNIVERSITÀ STATALE ITALIANA”. E LA BERNINI SI INCAZZA: “GLI STRANI NUMERI USCITI OGGI NON CORRISPONDONO ALLA REALTÀ…”

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Estratto dell’articolo di Viola Giannoli per "la Repubblica"

 

anna maria bernini anna maria bernini

Sono le 11 del mattino quando sul cellulare della ministra dell’Università Anna Maria Bernini arriva il parere allarmato della Crui sui tagli al fondo di finanziamento ordinario per gli atenei. «Più di mezzo miliardo in meno: così è a rischio la sopravvivenza delle università, la copertura dei costi per il personale e un’intera generazione di ricercatori», tuonano gli 85 rettori uniti. La ministra fa fermare la macchina e, furiosa, dà forfait. Poco dopo dal Mur esce una nota: «Il comportamento dei rettori è inaccettabile. Le cifre diffuse sono infondate e allarmistiche, la polemica pretestuosa».

 

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Effettivamente nella bozza di decreto sull’Ffo emerge un taglio nominale di 173 milioni di euro. A cui sommare l’aumento obbligato e vincolato per legge pari a 340 milioni. Nel dettaglio — questi i calcoli Crui — se il Fondo del 2023 fosse rimasto inalterato (9.204.808.794), aggiungendo il finanziamento dei piani straordinari (290 milioni) e della dinamica salariale (50 milioni), quello del 2024 sarebbe dovuto essere pari a 9.544.808.794. La riduzione totale, quindi, è pari a euro 513.264.188.

anna maria bernini anna maria bernini

 

Per tutto il giorno piovono pareri nettamente contrari e preoccupati sul futuro degli atenei: l’Unione degli universitari attacca il «taglio corposo che non si registrava dal 2013»; il Consiglio nazionale degli studenti parla di «buco enorme nel bilancio»; la Flc Cgil sostiene che la manovra «rende evidente il disegno di questo governo: creare un’università piccola e definanziata, per pochi che la frequentano e pochi che ci lavorano, spesso sfruttati».

E per tutto il giorno il ministero dell’Università tenta di rintuzzare l’attacco.

 

 La prima nota dice che «il finanziamento per l’anno in corso era noto già da tempo e per quest’anno e i prossimi anni non ci sarà alcun taglio ma una sostanziale stabilizzazione del fondo, per una cifra superiore ai 9 miliardi». A stretto giro un secondo comunicato fa sapere che «le università statali hanno ricevuto un finanziamento extra di quasi 6 miliardi di euro grazie alle risorse del Pnrr (2022-2026) e al Piano nazionale per gli investimenti complementari».

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A questi si aggiunge un elenco: «il Prin, il fondo per l’Orientamento, quello per le Infrastrutture, per le chiamate dei docenti, per l’Housing, le borse di dottorato extra, per le università del Mezzogiorno e per i Patti territoriali di Alta formazione ». Arriva poi un terzo comunicato che informa sugli utili di bilancio degli atenei «che ammontano per il 2023 a circa 950 milioni».

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Una iper produzione per dimostrare «infondato il procurato allarme dei rettori». Lo scontro si fa acceso.

 

Sullo sfondo ci sarebbero contrasti che riguardano l’accento posto da Bernini sulle responsabilità dei rettori rispetto alla gestione delle risorse e la capacità di spesa e il faro acceso dal Mur sul meccanismo che consente loro di aumentarsi gli stipendi in autonomia, un dossier che è all’esame dell’Avvocatura dello Stato.

In arrivo ci sarebbe una proroga per le telematiche che slitta di un altro anno l’adeguamento alle tradizionali.

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