Estratto dell’articolo di Rosalba Castelletti per “la Repubblica”
La prima a prendersi gioco delle gaffe di Joe Biden che ha presentato l’ucraino Volodymyr Zelensky come “presidente Putin” e chiamato Kamala Harris “vicepresidente Trump” è stata Olga Skabeeva.
«Lo spettacolo di Joe continua», ha commentato la presentatrice del talk show 60 minuti su Rossija 1. I notiziari della tv di Stato hanno rilanciato i video delle due sviste descrivendo l’81enne Biden come un «vecchio rimbambito» a differenza dell’arzillo 71enne Vladimir Putin, mentre il politologo Sergej Markov ha commentato che chiunque può commettere un errore, ma che Biden ne commette uno al giorno perché è «ritardato».
La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha colto la palla al balzo per ironizzare sarcasticamente su Telegram: «Mi sembra che la famigerata “interferenza russa nelle elezioni americane” non possa più essere nascosta: c’è un candidato filo-russo controllato dalla “mano del Cremlino” ».
Poi, durante il briefing settimanale con la stampa, ha chiesto: «È questo stesso Biden a firmare tutti questi assegni per l’Ucraina?». Il Cremlino, invece, ha simulato la solita indifferenza.
«È chiaro che si è trattato di lapsus», ha affermato il portavoce Dmitrij Peskov sostenendo che le sviste di Biden sono «un argomento interno degli Stati Uniti», semmai è il fatto che il presidente statunitense chiami Putin «un pazzo assassino» a essere «inaccettabile » […]
Anzi, stando alle principali agenzie d’intelligence statunitense, non si limiterebbe a osservare: armata di nuove tecnologie e tattiche di disinformazione, starebbe cercando di «modellare i risultati elettorali, minare l’integrità elettorale e amplificare le divisioni interne».
VLADIMIR PUTIN JOE BIDEN - ILLUSTRAZIONE TPI
Il Dipartimento di Giustizia statunitense ha anche scoperto che la Russia aveva usato un programma e due domini Internet di posta elettronica per creare decine di profili fittizi su X. Una vera e propria “fabbrica di bot” potenziata dall’intelligenza artificiale. Anche il profilo Telegram in lingua inglese inaugurato a fine giugno dall’ex leader Dmitrij Medvedev «specificatamente per gli anglosassoni » farebbe parte dei tentativi russi di influenzare le presidenziali statunitensi di novembre.
Quando lo scorso febbraio il giornalista russo Pavel Zaburin chiese a Putin «Per noi, chi è meglio, Biden o Trump?», il presidente russo rispose senza esitazione: «Biden. È più esperto, è prevedibile, è un politico vecchio stile». Un “trolling”, secondo molti, una provocazione. Niente affatto, commentò il propagandista- in-capo Vladimir Soloviov: un «calcolo preciso» per creare scompiglio.
Stando a fonti russe, Putin infatti non tiferebbe né per Biden, né per Trump. Biden non gli offre speranze di dialogo e Trump le ha distrutte durante il suo precedente mandato revocando quasi tutti gli accordi sul disarmo nucleare, varando più sanzioni anti-russe e dispiegando più uomini nei Paesi Nato confinanti con la Russia.
Putin, tuttavia, tifa per la distruzione del nemico americano. E benché l’ex tycoon appaia come un partner erratico, a Mosca c’è la speranza che possa portare alla rovina degli Usa e dell’“Occidente collettivo”. Tanto che al Cremlino qualcuno lo avrebbe già soprannominato “il Gorbaciov americano” perché, come il leader sovietico Mikhail Gorbaciov portò al crollo dell’Urss, si spera che possa provocare la disintegrazione degli Stati Uniti. Un pio desiderio che per Mosca vale la pena coltivare.
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