Giulia Cazzaniga per "la Verità"
Il soprannome, imperiale, se lo è guadagnato con la sua durezza nel risanare le aziende: Kaiser Franz. Ha la fama del tagliatore di teste sia in Germania, dove a lungo ha lavorato, che in Italia: è stato l' amministratore delegato di Mondadori, Fininvest, Enel, Treccani. Raggiungiamo Franco Tatò al telefono, a qualche mese da una caduta che lo ha portato in rianimazione.
Se l' è vista brutta?
«Sì. Ma oggi ne sono quasi contento: sono un po' in là con gli anni, l' incidente è stato come una "sveglia". Mi ha lasciato anche una cicatrice sulla fronte che mi dà un' aria piratesca».
È successo in Puglia, nella sua masseria. Qualche anno fa la Frankfurter Allgemeine Zeitung scriveva che lei era in procinto di lasciare «quest' Italia malata». Quindi non se n' è andato per davvero?
«Dopotutto sono stato oltre confine per più di 20 anni. Oggi mi chiedo se avrei forse fatto bene a partire ancora. Ma resto a Milano e a Fasano ho la mia seconda casa.
Piccola, tra gli ulivi: mia moglie e io siamo molto affezionati a quel posto».
cenacolo con franco tato' e sonia raule
L' Italia è malata anche in senso stretto, oggi. Solo di Covid?
«Lo è da più punti di vista. E a noi italiani dispiace la ormai totale incapacità di identificare il bene comune e realizzare qualcosa non per interessi particolari. Ma questo lo diceva già Guicciardini nel Cinquecento, quindi non le sto dando alcuna notizia».
Governo e virus. Ho sbirciato su Twitter e scoperto che lei rilancia i commenti di Paolo Gentiloni, che fa confronti dei numeri tra Italia e Germania. A proposito: classe 1932, lei ogni giorno pubblica qualcosa sui social. Tanti quadri su Facebook, e su Twitter un po' di politica e di filosofia.
«Vero, sono molto attivo. Facebook mi aiuta a realizzare un consiglio di Goethe per la felicità: si dovrebbe, ogni mattina, vedere un bel quadro, leggere una bella poesia, ascoltare qualche canzone. E dire qualche parola gentile. La pagina è diventata una sorta di diario per mia figlia, che ha quasi 19 anni ed è ancora "educabile" alla bellezza».
Torniamo alla pandemia?
«Il governo era impreparato ma non riesco a fargliene una colpa. Mi chiedo però perché i tedeschi - più disciplinati e meno socievoli di noi, tengono naturalmente le distanze - reagiscono in maniera super seria e chiudono tutto, quando da noi i morti sono sei volte tanti».
Rispunta la sua anima tedesca? «Più rigore»?
«A vantaggio della Germania va anche che c' è meno polemica interna. C' è pure qualche negazionista, ma c' è una minore propensione alla autopubblicità e alle interviste a decine di virologi».
E però il governo italiano lo promuove? Dica la verità, non taglierebbe qualche testa?
«Non lo faccio questo gioco, perché non ho una veste per risponderle. So solo che occorrono persone competenti e capaci. Non mi sembra ce ne siano molte al governo. È che io sono della vecchia generazione, quella che ha studiato. Quando vedo affidare compiti delicati a chi non ha una preparazione scolastica che lo abiliti a muoversi con disinvoltura tra i dossier governativi... mi preoccupo».
Qualcuno a cui manca la laurea?
«Ci si può formare lavorando e avere successo senza. Ma la preparazione è essenziale. Tutti i governi italiani sono stati il prodotto di compromessi tra interessi sottostanti e non hanno mai privilegiato merito o preparazione, solo l' appartenenza».
Di che interessi parla?
«Di tutti i generi. La dialettica tra le posizioni produce decisioni deboli, che privilegiano certe "tribù" invece di gestire con professionalità l' interesse di tutti. Ma non è un problema solo italiano, visto quel che è successo negli Usa».
E che cosa è successo negli Usa secondo lei?
«Ho studiato in America negli anni Cinquanta. Con i miei amici di allora - alcuni sono docenti ad Harvard - condivido il ricordo di quanto abbiamo amato quell' America e la sua democrazia, un Paese straordinario, che oggi non riconosco più. È polarizzata, inconciliabile.
Colpa di Donald Trump? Mi colpisce quante persone lo abbiano votato. E così anche in Italia mi chiedo cosa sia successo, se ci sono personaggi come Matteo Salvini».
GIUSEPPE CONTE CONFERENZA STAMPA
Di solito si paragona Trump più a Berlusconi che al leader del Carroccio.
«Non va al golf ma al Papeete, non risiede in una mega villa ma mangia cannoli o pezzi di pizza sbrodolandosi. Ma sono solo differenze esteriori. È passata l' idea che per risolvere i problemi si debbano battere i pugni sul tavolo. E chiedere mille per avere cento. Una minoranza consistente di persone ha posizioni estreme. E - davvero mi spiace dirlo - alcune tesi della destra sono analoghe a quelle che mossero il fascismo».
Nei sondaggi il centrodestra è in vantaggio. Sta dicendo che sarebbe meglio non tornare al voto?
franco tato marisela federici giovanni ferreri
«Se le urne riflettessero i sondaggi attuali, il post voto sarà un disastro peggiore di quanto non lo siano le ragioni per tornarci. Manca un programma di maggioranza che unifica e include».
Nelle proiezioni il secondo partito è il Pd.
«Ma sì, è la stessa cosa. E il teatro inscenato da Matteo Renzi fa parte della medesima mentalità: siamo in tre, vogliamo contare per 50 con una retorica pesante e strategica.
Avvilente il tema del contrasto: partecipare alla spartizione del bottino. Per quei soldi dall' Europa, una vera occasione, ci vuole una squadra di persone competenti. E non troppo numerosa, con il rischio che le si chieda di disegnare un cavallo e partorisca un cammello».
Manager? Imprenditori? Tra i suoi allievi c' è qualcuno per cui scriverebbe una raccomandazione?
«No. Gli imprenditori non hanno dimostrato di essere dei grandi risolutori, veda Berlusconi. Mi spiace dirlo, lo conosco bene, è un uomo che ha grandi meriti. Ma la politica è cosa complessa. Certo, oggi lui ha il merito di mantenere una dialettica democratica nel centrodestra».
Altra digressione: davvero disse di lei che quando incrociava il suo sguardo lui, Berlusconi, si sentiva un costo da abbattere?
«Sì, in una conferenza stampa. È un geniale battutista, ci siamo molto divertiti».
Torno alla crisi: gli imprenditori il polso dovrebbero però averlo...
«Mi chiedo perché non stiano lanciando idee per immaginare un Paese diverso. Forse hanno detto la loro nella prima fase, sono stati bacchettati e oggi preferiscono star zitti. Oppure le faccio un' ipotesi ottimista».
Magari.
«Non ci si lamenta se c' è troppa pioggia: il vero imprenditore trova il modo di guadagnare, produrre, creare lavoro, in qualsiasi condizione. La società alla fine di questo processo sarà completamente diversa».
Intanto però...
«La crisi economica è molto seria e difficile. Il problema è come la si affronta. I ristori - premetto - sono giusti dal punto di vista sociale ed etico. Ma - e ora sto estremizzando - se si porta a pensare che lavorare non è necessario perché lo Stato dà il fatturato è pericoloso. Si potevano progettare ristori che orientassero la ripresa in senso più moderno e più produttivo: legandoli ad esempio a miglioramenti tecnologici o gestionali».
Se in 7 anni non siamo riusciti a spenderne 40, di miliardi dei fondi strutturali, ma solo 16, ce la possiamo fare con i 209 in arrivo?
TATO E SONIA RAULE , MASSERIA IN PUGLIA
«I soldi europei li abbiamo sprecati o dimenticati. Mancava un progetto, il mettersi d' accordo sulle priorità. Ma si tira su un asilo, una casa della cultura. È questo che ci uccide: la mancanza di visione».
Una ricetta?
«Il settore che necessita di investimenti colossali è l' educazione. L' Italia è ferma da anni: programmi vecchi e gap di competenza Nord-Sud. Abbiamo un numero spaventoso di università e produciamo meno laureati di tutti gli altri Paesi. E quelli che si laureano, tranne che al Politecnico di Milano o di Torino o in pochi altri centri di eccellenza, quando arrivano sul mercato del lavoro devono ricominciare a imparare. Questo sì, è un problema drammatico. Possiamo importare competenze, o decidere di produrle ed esportarle, in modo competitivo».
Avrebbe preso anche il Mes?
«Ah certo, subito. Avrei fatto un piano per la medicina rivoluzionario, immediato. Consiglio di farsi una passeggiata negli ospedali romani: non c' è bisogno di andare in Calabria per vedere l' orrore. Raccapricciante. Manca pure la pulizia dei corridoi. Chi critica il Mes teme l' intervento dell' Europa sul bilancio italiano? Ma menomale se arriva qualcuno più bravo di noi a fare i conti. Ma non è previsto».
Quando dice «qualcuno più bravo» pensa a uno come Mario Draghi? Era al Tesoro quando lei era all' Enel.
«Sì, abbiamo lavorato insieme. È una delle persone più preziose che l' Italia abbia prodotto. Ma se fossi in lui non ci penserei nemmeno a governare il Paese. A parte che non è un ragazzo. Forse l' obiettivo giusto è la presidenza della Repubblica...».
Dica la verità, come si sente un risanatore di conti ad assistere a quattro scostamenti di bilancio in un anno, per 120 miliardi? O era «debito buono», da fare?
«No, io sono orripilato. Il debito buono si fa con i buoni investimenti. È una cosa da prima elementare. L' Italia da sempre fa debito cattivo per spese correnti. O per investimenti sbagliati. Con quel che ci è costata l' Ilva mandavamo a studiare a Oxford tutta la Basilicata. Siamo sotterrati da debiti enormi. Avranno pure un interesse molto basso, ma a un certo punto li dovremo restituire. La gente pensa sia questione di anni, ma si sbaglia».
È spaventato?
berlusconi franco tatò a telecamere
«Lo sono. Occorreranno decenni. C' era la pandemia e certe spese erano giuste, inevitabili. Ma ora facciamo la corsa a prendere i soldi e non ci preoccupiamo di alcun miglioramento. Mia figlia forse la scamperà, ma ai miei nipoti non so davvero cosa potrà accadere».
franco tatò mario draghi al meeting di rimini 5 mario draghi al meeting di rimini 2 mario draghi al meeting di rimini 1 mario draghi al meeting di rimini 3 mario draghi al meeting di rimini 6 franco tatò