Marco Bresolin per “la Stampa”
Il governo italiano è in prima linea nel difendere la richiesta di un nuovo fondo per la ripresa attraverso il quale emettere debito comune a livello Ue. Ma c' è un aspetto che è al momento assente dal dibattito pubblico: chi deciderà come utilizzare quei fondi? Il ministro francese Bruno Le Maire, fautore del «Recovery Fund», ieri ha spiegato in un' intervista su La Stampa che «l' idea è di lasciar decidere la Commissione e non i singoli Stati» su quegli investimenti.
Un concetto analizzato anche in un documento della «School of European political economy» della Luiss e firmato da diversi economisti, tra cui Lorenzo Bini Smaghi, già membro del comitato esecutivo della Bce. «Rispetto a questa proposta - scrivono gli autori - non è affatto chiaro se il governo italiano sia consapevole che ciò configura uno spostamento delle decisioni di politica fiscale a livello europeo; e che i fondi ricavati dall'emissione di eurobond non possono essere usati per finanziare il bilancio pubblico italiano».
In sostanza, per usare un'espressione diventata comune in Italia, gli Eurobond comporterebbero una cessione di sovranità?
«Il concetto - detto in parole povere - è che Babbo Natale non esiste. E sorprende che i nostri politici non ne siano al corrente o se ne siano resi conto da poco.
I fondi emessi a livello europeo, con garanzie europee, finanziano iniziative europee, cioè decise in comune a livello europeo. Non servono per finanziare il bilancio pubblico italiano.
Gli eurobond servono ad esempio per un piano di investimenti comuni per sostenere la ripresa dell' economia europea dopo la crisi».
Quali sono le possibili opzioni per uno strumento europeo di debito comune?
«Esistono già strumenti comuni, come quelli emessi dalla Bei, per finanziare infrastrutture o garantire interventi decisi dalla banca in tutti i Paesi membri. Ci sono anche i finanziamenti europei per politiche europee, come i fondi strutturali. Se ne possono disegnare altri, come il fondo per la disoccupazione, ma ciò significa concordare politiche comuni a livello europeo».
In Italia si discute dell' eventuale utilizzo dei fondi del Meccanismo europeo di Stabilità (Mes): sono di più i vantaggi o i rischi?
«Aspettiamo di conoscere tutti i dettagli. Di sicuro sappiamo che il tasso d' interesse sarebbe più basso rispetto all' emissione di titoli di Stato per la stessa scadenza, con un risparmio di circa 400 milioni l'anno. Se ci saranno altre condizioni lo vedremo al momento del negoziato. Quello che sorprende è che Paesi che hanno già usato il Mes per altri scopi, come la Spagna, il Portogallo e anche la Grecia, sono a favore di questa nuova facility. Non credo che siano masochisti».
L'accesso a questa linea di credito può consentire alla Bce di avviare le Omt, ossia l'acquisto illimitato di titoli?
«Non è una condizione sufficiente. La Bce deve comunque fare le sue valutazioni. Ma sarebbe comunque un segnale importante per il mercato, che si sta convincendo del fatto che l' Italia non vorrà mai, per ragioni politiche, fare richiesta del Mes, e dunque non potrà mai trarne i benefici. Per questo lo spread italiano è molto più elevato di quello spagnolo o portoghese».
La sostenibilità del debito italiano è a rischio?
«La Bce detiene già oltre il 20% del debito pubblico italiano e ne acquisterà un altro 10% nei prossimi mesi. Questo aiuta la sostenibilità del debito. Tuttavia, non c' è dubbio che il debito rappresenti un fattore di fragilità dell' economia italiana e che si debba mettere in atto un piano di lungo periodo per assicurarne la riduzione: un programma mirato ad aumentare la crescita potenziale del Paese, a cominciare con riforme incisive, che lo rendano più attraente per le imprese e gli investitori».