Mario Ajello per il Messaggero
Francesco Rutelli, perché Ostia è diventata una sorta di icona del male?
«Perché c' è stato, purtroppo, un degrado della classe politico-amministrativa locale. Questo degrado si è intrecciato con un indebolimento gravissimo del legame con le comunità locali, che hanno perso fiducia nella rappresentanza dei partiti. Non è un caso se due elettori su tre non sono andati a votare».
Da che cosa è derivato il caso Ostia?
«Si è avuta a un certo punto la mancanza di regia pubblica, nel fare le cose in quel territorio. La mancanza di regia pubblica ha favorito meccanismi di infiltrazione criminali e comportamenti illegali, che hanno anche toccato o permeato l'imprenditoria locale».
Risultato?
«Si è prodotta una situazione di profondo scoraggiamento nella cittadinanza».
La sinistra ha da rimproverarsi qualcosa per come Ostia è diventata?
«Negli ultimi anni, sì. Tornando indietro, se penso alla mia giunta, riuscimmo a fare un sacco di cose. In un territorio importante. Qui gravita la maggiore industria del Lazio, cioè l'aeroporto di Fiumicino, e la maggioranza relativa di chi lavora e opera in quello scalo vive nella zona di Ostia.
C' è il teatro di Ostia antica che non è meno affascinante di quelli di Taormina e Siracusa.
C' è l'oasi sottomarina di Tor Caldara; guardi le foto, sembra di stare alle Maldive. Se Ostia antica fosse vicino a Parigi, arriverebbero milioni di turisti, qui invece non succede. E poi le spiagge, le dune, le pinete...».
E insomma?
«Guai ad accettare che un territorio così bello e ricco di potenzialità venga liquidato come un avamposto mafioso. Anche se purtroppo l'immagine dell' aggressione al giornalista della Rai, l' altro giorno, è un' immagine perfino più esplicita ed efficace, nella sua drammaticità, rispetto alla fiction di Suburra».
Come ripartire dopo tutto quello che non si è fatto?
«Non voglio intromettermi nella campagna elettorale. Dico solo che ci vorrebbe, dopo il voto, una convergenza di tutti. Chi avrà vinto dovrà spalancare le porte della collaborazione a tutte le forze sane sia della politica sia della società e dell' imprenditoria».
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In passato si è pensato solo a peggiorare?
«Non voglio dare pagelle, ma ricordo che, da sindaco, ho avuto un impegno fittissimo su Ostia. Andai a visitare la Meccanica Romana, un grande edificio abbandonato di archeologia industriale, in cui Federico Fellini ambientò La Voce della luna, il suo visionario ultimo film, con Benigni. Con la nostra amministrazione e solo con finanziamenti privati siamo riusciti a rendere quel luogo un’immensa multisala cinematografica che accoglie tantissime persone».
Perché questo esempio?
«Per dire che ci vogliono progetti, risanamento morale e risanamento fisico dei luoghi. Quando divenni sindaco, c' era una spinta forte per fare di Ostia un Comune autonomo, sul modello di Fiumicino. Poi nel 99, alla fine del nostro mandato, nel referendum per lasciare Roma o restarci vinsero questi ultimi: con il 58 per cento. In quella stagione avevamo fatto molto: il mare pulito e il primo ripascimento delle spiagge, la lotta all' abusivismo, l' acqua corrente portata in tante zone che non l' avevano, il rinnovamento degli stabilimenti coinvolgendo i balneari, il porto nuovo, tre nuove stazioni e via così».
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Poi però?
«Negli ultimi anni la regia pubblica si è indebolita. Il controllo delle istituzioni ha lasciato falle che hanno riaperto la strada a cementificazione, abusivismo sul lungomare, infiltrazioni criminali che hanno messo piede soprattutto nei grandi caseggiati popolari e nel degrado di Nuova Ostia. La gente si è sentita abbandonata. E in alcuni casi ha finito per aggrapparsi ai clan malavitosi».
Perché s' è allentata la regia pubblica?
«Perché la politica è diventata gradualmente più debole. E quindi infiltrabile dagli interessi illeciti».
Popolazione sana in territorio infetto?
«E' una popolazione giovane e che cresce quella dell' area di Ostia e dell' entroterra. in luoghi pieni di bellezze. Natalità tra le più alte in Italia, nuove famiglie che vanno a vivere nel decimo municipio. Si devono sentire protette, per poter essere a pieno titolo, liberamente, le energie del futuro».
Si può essere ottimisti su Ostia?
«Si deve. E' una responsabilità nazionale togliere ad Ostia il marchio del cinismo e dell' indifferenza. E quindi della paura. La gente non si sente tutelata dalle istituzioni. E voglio ricordare che sono territori in cui esistono associazioni sportive, culturali, sociali, ambientali: tutte molto attive. Da questi mondi, la politica deve trovare la linfa e le energie per la rinascita».
RAGGI OSTIA ostia antica scorcio del teatro SPIAGGIA OSTIA