Maurizio Belpietro per “la Verità”
Per capire chi abbia vinto o perso nella battaglia di Autostrade è sufficiente guardare come ha reagito la Borsa. Dopo la diffusione della notizia dell'accordo trovato in extremis nella notte fra martedì e mercoledì, le azioni di Atlantia, la holding della famiglia Benetton che ha in pancia Aspi, cioè la concessione oggetto della guerra con il governo, sono schizzate all'insù, toccando il record del 26,6 per cento.
I titoli nei giorni precedenti erano scesi di molto e a un certo punto, quando Giuseppe Conte aveva minacciato di procedere alla «caducazione», il mercato non era riuscito neppure a fissare un prezzo, come se gli investitori si volessero liberare in fretta di quelle azioni. Dunque, la logica induce a pensare che di fronte alla notizia del passaggio di Autostrade a Cassa depositi e prestiti, la Borsa abbia tirato un respiro di sollievo. Anzi, abbia capito che i Benetton sono i veri vincitori della partita e per questo fondi e speculatori si sono buttati a comprare i titoli di Atlantia.
Del resto, non ci vuole molto a capire che dietro al trionfalismo con cui Palazzo Chigi ha presentato l'intesa si nasconde in realtà una vera e propria disfatta del governo. Dopo aver annunciato per mesi intenzioni bellicose, l'esecutivo si è limitato a comunicare che, tempo sei mesi o un anno, si procederà alla riduzione della quota detenuta dai Benetton dentro Autostrade, in modo da trasformare Cassa depositi e prestiti nel principale azionista.
Di fatto si tratta di una nazionalizzazione di Autostrade, ma ciò che appare evidente è che il passaggio dal proprietario privato a quello pubblico non sarà senza indennizzo, ma anzi potrebbe costare una cifra esagerata per le casse dello Stato. Il nocciolo della questione, del resto, è sempre stato questo fin dal 14 agosto di due anni fa, cioè quando di fronte all'indignazione dell'Italia intera Giuseppe Conte annunciò che avrebbe tolto ai Benetton la concessione autostradale, senza neppure attendere la pronuncia della magistratura.
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Cacciare la famiglia di Ponzano avrebbe fatto scattare le pesanti penali previste dal contratto stipulato con lo Stato, consentendo ai magliai veneti di portarsi a casa 23 miliardi, una cifretta mica male per chi era indirettamente accusato di non aver vigilato sulla sicurezza della rete ricevuta in gestione dallo Stato. Per evitare di pagare il risarcimento, tempo fa il governo cambiò la clausola, scendendo da 23 a 7 miliardi, ma il blitz è stato contestato dai Benetton i quali, non senza ragioni, sostengono che non sia possibile cambiare un contratto dopo averlo sottoscritto.
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Ora però, leggendo ciò che hanno annunciato Conte e compagni, sembrerebbe che i Benetton ci abbiano ripensato e siano pronti a cedere su tutta la linea e cioè a rinunciare al braccio di ferro con il governo, agli aumenti dei pedaggi e anche a pagare pegno e cioè a risarcire lo Stato con 3,4 miliardi.
A leggere le condizioni imposte messe in rete da Palazzo Chigi, certo non ci sarebbe alcun motivo per festeggiare e gli investitori non ne avrebbero nessuno per comprare le azioni di una società che rischia di pagare a caro prezzo la partecipazione di Autostrade, cioè privata del suo asset più redditizio e pure costretta a indennizzare lo Stato.Ma in realtà le cose non stanno così, prova ne sia che Enrico Zanetti, ex viceministro dell'Economia ai tempi di Matteo Renzi, ha subito capito dove stesse il trucco.
Il governo, annunciando di aver raggiunto l'intesa che costringe i Benetton a scendere all'11% in Autostrade, si è infatti dimenticato di spiegare quanto pagherà alla famiglia dei maglioni a colori Cassa depositi e prestiti. E allo stesso tempo non ha spiegato chi finanzierà gli investimenti previsti per la messa in sicurezza della rete autostradale e chi si farà carico dei debiti pregressi.
Da Palazzo Chigi si sono limitati a comunicare che, tempo un anno, e Autostrade sarà scorporata da Atlantia, Cdp diventerà l'azionista di maggioranza con il 51%, mentre i Benetton saranno diluiti all'11 grazie all'ingresso di investitori istituzionali, che molto probabilmente altri non saranno che il fondo F2i, di cui per altro Cassa depositi e prestiti detiene il 14%. In pratica, Cdp si fa carico del problema: ma come? Cioè quanto pagherà ai Benetton? C'è chi dice che la cifra non sarà di quelle da far paura.
Possibile. Perché a far paura sarà il debito che Atlantia trasferirà al nuovo ramo d'azienda e gli impegni finanziari per oltre 14 miliardi. Uscendo dall'azionariato è vero che i magliai non saranno più padroni di Autostrade, ma non avranno più né debito né obblighi, perché i guai rimarranno tutti in capo allo Stato. Ciò significa che alla fine i Benetton, che per anni hanno incassato lauti dividendi, escono senza pagare il conto. Chiaro dunque perché la Borsa festeggi? Festeggeremmo anche noi se ci fossimo alleggeriti di una montagna di problemi rimanendo liquidi. Gli unici che però non hanno motivo di festeggiare sono gli italiani, che si ritrovano cornuti e mazziati.