Lorenzo De Cicco per la Repubblica - Estratti
volodymyr zelensky giorgia meloni
Dentro FdI è più di un sospetto. E fonti leghiste di peso confermano che l’idea circola, fra le truppe parlamentari del Carroccio, anche se si aspetta un cenno di assenso da Matteo Salvini che per ora non si è espresso. L’idea è questa: mettere nero su bianco, in un atto parlamentare, quello che era sparito dalla famosa nota «congiunta» diramata dopo il vertice di maggioranza dell’altro ieri.
Il passaggio incriminato, diffuso «per errore» da via Bellerio ma assente nel testo consegnato alla stampa dai Fratelli e da Forza Italia, biasimava «ogni ipotesi di interventi militari fuori dai confini ucraini». E che questa sia la posizione della Lega è assodato. Ecco perché tra i colonnelli di Salvini nel Palazzo sta prendendo quota l’idea di ribadire il concetto, magari con termini un po’ sfumati, in un ordine del giorno o in una risoluzione, appena si tornerà a discutere di Ucraina alla Camera o al Senato.
SALVINI CON LA MAGLIA DI PUTIN
Magari a ridosso del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre, ma l’occasione giusta potrebbe arrivare prima, a settembre, se la conferenza dei capigruppo di Montecitorio o di Palazzo Madama accogliesse le richieste di un pezzo di opposizione, che chiede al governo un’informativa sul punto.
Dentro FdI aspettano di capire se il vicepremier darà il via libera, anche se Salvini non ha mai camuffato troppo le differenze in politica estera, anzi un mese fa le ha quasi rivendicate, ammettendo, parlando dell’Ue, che «siamo su posizioni diverse».
giorgia meloni volodymyr zelensky kiev
Lo stato maggiore di via Bellerio poi sembra già schierato su questa linea, senza sfumature. Il vice di Salvini, Andrea Crippa, si è detto contrario addirittura «ad ogni tipo di armi» a Kiev. Un big come il capogruppo dei senatori, Massimiliano Romeo, in questi giorni ha condannato più volte l’incursione delle truppe di Zelensky nella regione russa del Kursk, dicendosi preoccupato per il «rischio di un’escalation militare» che renderebbe «la pace sempre più lontana».
E proprio Romeo a gennaio aveva presentato un ordine del giorno che chiedeva al governo un cambio di strategia sulle armi, testo poi ritirato tra gli improperi a denti stretti di meloniani e azzurri. Certo, se l’operazione stavolta fosse portata a dama fino al pallottoliere di un’aula parlamentare, per Meloni sarebbe l’ennesima crepa all’interno della sua maggioranza, molto più complicata da mascherare. Peraltro proprio quando il ministro Guido Crosetto prepara il primo G7 della Difesa.
In realtà anche la premier, sull’offensiva ucraina in territorio russo, deve governare pulsioni contrapposte all’interno del suo partito, solitamente una falange. Perché da un mese sembrano affiorare, pur sottotraccia, sostanzialmente due linee. Quella espressa da Crosetto, convinto anche lui che operazioni come l’incursione a Kursk «allontanino la pace», giudizio condiviso dal vicecapogruppo Raffaele Speranzon. E quella di Palazzo Chigi, sostenuta anche da Giovanbattista Fazzolari, che considera più che legittima la strategia difensiva di Zelensky.
(...) Però a via della Scrofa s’interrogano. E ogni due-tre mesi sondano militanti e iscritti con indagini riservate, per tastare gli umori della base. Sulle armi, i simpatizzanti di FdI erano stati interrogati l’8 aprile. E una nuova rilevazione è attesa a breve.
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La Lega resta alla finestra. E studia le mosse per provare a capitalizzare la presa su una fetta di elettorato contrario agli aiuti a Kiev. Anche se per ora la licenza di fuoco amico ce l’ha in tasca solo Roberto Vannacci, che ieri ha pubblicato un post per prendersela col presidente del Senato, Ignazio La Russa, che il giorno prima era alla Versiliana per un dibattito.
«Desolante», ha scritto il generale parlando di sé in terza persona, «il confronto con la serata di Vannacci del 24 agosto» sullo stesso palco. Dentro FdI la sortita del militare è stata accolta con un filo di irritazione (eufemismo), anche se l’unico a reagire è stato l’interessato, La Russa: «Per me la competizione con Vannacci non è mai cominciata. Mi è dispiaciuto che, per colpa sua, i Comsubin non abbiano potuto gridare “Decima” il 2 giugno». Scambio ruvido. Che conferma le tensioni montanti a destra. E il prossimo test, per la tenuta della maggioranza, sarà sui balneari. La riforma, con le gare invise ai leghisti, potrebbe arrivare in Cdm già martedì
giorgia meloni volodymyr zelensky IL CREMLINO E LE ELEZIONI ITALIANE MATTEO SALVINI E PUTIN giorgia meloni volodymyr zelensky