Maurizio Giannattasio per il "Corriere della Sera" - Estratti
«Renzi? Infederabile». «Sala? Permaloso». Il barometro politico segnala acque agitate al centro. Il sindaco di Milano Beppe Sala è stato facile profeta nell’indicare che il compito di federare un’area moderata, organica al centrosinistra, è impresa titanica e l’unica strada per evitare di infrangersi tra Scilla e Cariddi di Italia viva e Azione è quella di tentare di oltrepassare l’ostacolo dei personalismi e di rivolgersi direttamente a quell’elettorato che si riconosce nei valori liberali e riformisti.
La dimostrazione plastica è arrivata con l’intervista dell’altro giorno al leader di Italia viva, Matteo Renzi, su Avvenire . A domanda diretta sul possibile ruolo di Sala, l’ex premier è stato sferzante suggerendo al primo cittadino di occuparsi piuttosto della sicurezza di Milano e ricordandogli due avventure politiche finite male.
«Se poi Sala vuol dare una mano al centro riformista — superando le precedenti sbandate per i Verdi o per Di Maio — è il benvenuto. Credo che il modo più concreto che ha per aiutare sia tenere Milano più sicura di come è oggi. La sicurezza è un valore centrale nel progetto del centro riformista».
La replica è arrivata ieri. E pur rinunciando alla volontà di fare polemica, Sala si è dimostrato altrettanto tagliente.
«Quella di federatore è chiaro che è una bella definizione che piace molto ai media. Io non mi sono mai proposto come federatore. Ma se vogliamo parlare un po’ più seriamente, io credo che Renzi sia infederabile. Nel senso che è molto difficile immaginare che si faccia federare. E comunque federare Renzi sarebbe una cosa che va al di là della mia umana capacità».
Non entra nel merito dello stato della sicurezza in città. «Rispetto alle sue critiche non voglio rispondere per due motivi. Io sono uno dei milioni di italiani che ha creduto in Renzi e me ne devo ricordare, il secondo motivo è che se comincio a dibattere e a rispondere poi finiamo in una polemicuccia giornaliera, che forse vuol dire fare il suo gioco ma non il mio».
In mezzo a questi scambi, Carlo Calenda, il leader di Azione — ieri a Milano per una raccolta firme a favore del nucleare — ha chiesto uno stop alle infinite discussioni sulle formule politiche.
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