Alessandro Bonetti per “il Fatto quotidiano” - Estratti
L’invasione russa dell’Ucraina è stata una doccia fredda per la coscienza europea, infrangendo illusioni in cui ci cullavamo da decenni. Siamo tornati a vedere l’economia come una questione politica, strategica, persino militare e non più come un fatto puramente tecnico da lasciare agli “esperti”.
È in questa consapevolezza che si muove “L’arma del gas”, nuovo libro di Andrea Greco (inviato di Repubblica) e Giuseppe Oddo (ex Sole 24 Ore, ora giornalista indipendente).Gli autori leggono le cause lontane e vicine della guerra e i suoi effetti attraverso la storia del gas fra Russia e resto d’Europa.
L’errore di fondo (su cui si innesta il conflitto energetico con Mosca) è aver considerato per troppo tempo il gas “una merce come tutte le altre”, per usare le parole di Alberto Clò, fra i numerosi esperti citati nel volume. E Greco e Oddo affondano il colpo: “L’Europa nell’ultimo quarto di secolo ha giocato la partita dell’energia affidandosi a un disegno liberista che non ha retto alla prova dei fatti”.
Nella critica di Clò alla privatizzazione e liberalizzazione dei sistemi energetici, vero vulnus dell’approccio europeo, si intravede anche una presa di responsabilità: Clò fu ministro dell’Industria, fondatore della rivista Energia con Romano Prodi, membro del cda di Eni, Snam, ecc. L’eccessiva dipendenza dalle forniture russe, che soprattutto Germania e Italia hanno accumulato nei decenni, può essere letta nella cornice di un paradigma neoliberale miope e ormai fallito: “È stato concesso a un monopolista come Gazprom, eterodiretto dal Cremlino, di servirsi delle norme europee di liberalizzazione per entrare nel settore della vendita e della distribuzione”, scrivono gli autori “senza che alle imprese europee fosse permesso, in osservanza al principio di reciprocità, di entrare sul mercato energetico della Russia”.
La miopia è stata anche geopolitica: i decisori europei, da Schroder a Berlusconi, da Prodi a Merkel, hanno sottovalutato le tensioni sul gas e non hanno dato priorità a un riassetto pacifico dell’Est Europa dopo gli Anni 90, favorendo di fatto sia l’aggressività russa sia l’espansione della Nato secondo gli interessi Usa. Così si è inceppato il tentativo europeo di costruire ponti con la Russia, partito con le mosse dell’Eni negli Anni 60 e l’Ostpolitik tedesca degli Anni 70.
(...) Il gas è un’arma a doppio taglio: così è stato per l’Europa, che a lungo si è approvvigionata a basso costo, salvo poi dover scegliere fra energia a buon mercato e sostegno all’Ucraina. Ma lo è stato anche per la Russia, il cui ricatto energetico ha fatto danni ma è durato meno del previsto. Ora, per non passare da una dipendenza all’altra, l’Europa deve puntare a una maggiore autonomia strategica. Bisogna pensare “da grandi” con un serio intervento pubblico.
Schroeder con Putin putin schroeder