Stefano Lepri per “La Stampa”
christine lagarde con mario draghi
In Italia qualcuno grida al complotto della Bce contro di noi. In Germania, all'opposto, la si accusa di aver agito troppo tardi e troppo poco.
Siamo in una stretta difficilissima, perché occorre frenare l'inflazione con uno strumento - il rialzo dei tassi di interesse - che è allo stesso tempo indispensabile e poco adatto, dato che la colpa dei rincari è soprattutto di Vladimir Putin.
Di suo, Christine Lagarde ci ha aggiunto qualche errore di comunicazione. Ma era nelle cose che il compromesso raggiunto nel consiglio Bce fosse attaccato da lati opposti. Il nervosismo è forte perché la guerra in Ucraina ha posto all'economia mondiale problemi del tutto nuovi e la soluzione non l'ha in tasca nessuno.
Da parte italiana è il momento giusto per rendersi conto di realtà spiacevoli che molti negano. A tutt' oggi, il nostro debito pubblico si colloca a tassi che ancora non danno ai risparmiatori la certezza piena di essere protetti dall'inflazione; eppure questi tassi sono già abbastanza alti per far circolare sui mercati dubbi (seppur al momento eccessivi) sulla sostenibilità del nostro debito.
Siamo un Paese fragilissimo. Già riluttiamo a renderci conto che l'invasione dell'Ucraina ci ha reso tutti più poveri (almeno dell'1,3%): i sacrifici occorre ripartirli con equità ma non si può illudersi di evitarli. Finora, i nostri equilibri politici si sono retti sulla circostanza eccezionale che la banca centrale dell'euro regalava il denaro, nel senso che consentiva di indebitarsi a tassi sotto zero.
Le decisioni annunciate giovedì scorso dalla Bce non hanno per l'Italia assolutamente nulla di dannoso, nell'immediato. Rendono però necessario domandarsi che accadrà se, dopo le elezioni dell'anno prossimo, la nostra politica tornerà ad essere irresponsabile come spesso è stata in passato.
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