Estratto dell’articolo di Leonardo Martinelli per “la Repubblica”
LE ROTTE MIGRATORIE DALLA TUNISIA
In questo bar affollato di Sfax, aperto su una strada polverosa, piena di vita e d’incertezze, risuona in sottofondo la canzone di Balti, il rapper tunisino. Qui tutti conoscono “Allo”, canto dolente di un ragazzo emigrato in Italia, sospeso tra nostalgia e rimorsi. […] Un pick-up si ferma davanti.
Al volante c’è Hassan. Lo chiameremo così ma il suo vero nome è un altro, M.B.. È uno dei «passeur» più importanti di Sfax, al vertice di una delle organizzazioni (sostanzialmente mafiose), che gestiscono i passaggi illegali attraverso il Mediterraneo. […]
Hassan ha 29 anni. Ha la barba nera curata e gli occhiali da vista metallici leggeri, una faccia da bravo ragazzo. È domenica. Maglietta e shorts giusti, sembra il direttore finanziario di un’azienda milanese in pausa week-end. Ha appena visto la fidanzata.
La sua attività? È “un’agenzia di viaggi illegale”. Parlerà spesso di «clienti» e di «domanda e offerta», preciso è educato. Siamo anni luce dall’immagine tipica e ruspante di uno scafista, quelli che conducono le barche dei migranti. No, lui è il big boss. «Sono originario delle isole Kerkennah», dice.
S’intravedono all’orizzonte, in fondo a una distesa piatta di mare: tradizionalmente terre di pescatori e di passeur. «Ho iniziato dal basso, cinque anni fa. Partecipavo all’organizzazione dei viaggi, ma non sono stato mai scafista. I clienti erano contenti, mi sono fatto un nome e poi un gruzzolo. Ho iniziato a investire nelle trasferte». […]
Lui è in cima a una piramide. Sotto ci sono i «coordinatori» a diversi livelli: chi raccoglie i «clienti» in tutto il Paese o chi si procura la barca e i motori. Giù, fino allo scafista. «Fra di loro non si conoscono. Solo io conosco tutti». Li dirige come marionette dal suo cellulare. Hassan non si vede mai, non ci mette la faccia. Dice che non lavora con i nuovi barchini metallici, troppo pericolosi, ma solo con quelli di legno. E soprattutto con il pubblico tunisino, che paga di più.
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«Viaggiano donne con neonati o famiglie intere. Non voglio macchiarmi le mani del loro sangue. E poi un naufragio è un grosso rischio anche per me». Recentemente hanno beccato un passeur di Sfax, già condannato a un totale di 79 anni, proprio perché una delle sue imbarcazioni era affondata, venti i morti.
[…] Precisa che «anche chi viaggia si deve assumere i suoi rischi e le sue responsabilità». In ogni caso, se nessuno dei clienti morirà, ma lo cattureranno comunque, «con tutti i soldi che ho fatto, pagherò qualcuno e uscirò presto dal carcere». Hassan è sicuro, calmo. «Ma ho paura. Anche ora, perché sto parlando con te».
[…] Neanche sugli accordi che Giorgia Meloni e l’Ue negoziano con la Tunisia: soldi in cambio di un blocco dei migranti nel Mediterraneo. «Neppure il profeta in persona potrebbe bloccare l’harka». Così si chiama l’emigrazione clandestina.
E lui, Hassan, il passeur, è l’harak. «Non finirà, perché in Tunisia la gente è come strozzata: impedirgli di partire significherebbe ucciderli subito. Ormai qui siamo a un punto di non ritorno». Ha consultato esperti di meteorologia: pure in luglio il clima sarà bizzoso. «Ma ad agosto ho già trenta viaggi completi e pronti a partire. La Meloni si deve rassegnare».
A proposito, facciamo un po’ di conti. «Il prezzo richiesto ai clienti — aggiunge Hassan — dipende sempre dal servizio fornito. Sono 2500-3000 dinari (740-880 euro) su una barca di legno con più di cinquanta persone a bordo. Chi, invece, ne pagherà 7000-8000 andrà nella stessa imbarcazione, ma solo con una trentina di migranti e due motori invece di uno, nel caso il primo faccia cilecca». C’è perfino chi non paga.
«Se qualcuno non ha i soldi, può partire gratis ma deve procurarci almeno cinque clienti. E poi, se in navigazione ci saranno problemi, dovrà essere il primo a saltare in mare».
Non può pretendere: «Il cliente è il re». Spesso Hassan organizza una barca con un centinaio di persone.
In questo caso, dice, l’organizzazione deve investire 240.000 dinari, compreso l’acquisto della barca. Ne incasserà 450.000. La differenza è pari a 210.000. «Io ne trattengo il 20% ( ndr, oltre 12mila euro). Il resto lo divido tra i coordinatori, in genere sono cinque quelli coinvolti».
Il 20% per i colletti bianchi Visto il ritmo di partenze, se Hassan non ha tutti soldi da investire, fa appello a «uomini d’affari e liberi professionisti» locali: sono i colletti bianchi che investono nella tratta. «Ad esempio, mi prestano 100.000 dinari. E io dopo un mese, una volta effettuata la traversata, ne rendo 120.000. Mi sembra un buon investimento». Uno dei problemi maggiori oggi è procurarsi l’imbarcazione.
[…] Lui, intanto, è in contatto con altri passeur. «Non c’è concorrenza tra di noi — spiega — . Nel nostro campo la domanda è fortissima: tutti abbiamo anche troppo lavoro. Io devo respingere molte richieste». Anzi, tra passeur si aiutano. Sono come cosche diverse, separate ma amiche. «Ci scambiamo informazioni, soprattutto sulla polizia. E ogni volta ce le paghiamo a vicenda». […]
«Dobbiamo individuare, tra i nuovi, chi possiamo corrompere e chi no. Ce ne sono di incorruttibili, ma anche quelli che accettano di essere pagati per chiudere un occhio sui controlli in mare e su terra. Cerchiamo di ottenere informazioni su questi personaggi. Spesso contatto i passeur delle località dove erano in servizio». […]