Giovanna Vitale e Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti
Fratelli contro Fratelli, come in una faida nel cuore del melonismo. Transatlantico, primo pomeriggio. In piedi, a due metri dal divanetto, c’è il presidente della commissione Cultura, Federico Mollicone.
Compare Antonella Giuli: giornalista, assunta nell’ufficio stampa della Camera, amica intima di Arianna Meloni, sorella di Alessandro Giuli. È in “borghese”, oggi non lavora. Ed è lì per il fratello, nel giorno peggiore: traballa la poltrona da ministro della Cultura, la puntata di Report incombe minacciosa, la fazione dei falchi di palazzo Chigi vorrebbe la sua testa.
La donna si avvicina a Mollicone, una vita con Meloni. Dice di essere venuta a sapere che si è intrattenuto fuori dal palazzo con un giornalista, glielo fa presente: per raccontare cosa?
In fondo, è il presidente della commissione Cultura, conosce tutto della galassia del dicastero. Veleni e sospetti. «Ero in commissione — replica il deputato, a portata del cronista — sei fuori strada! ». Antonella Giuli insiste. Sdegnata, allarga pollice e indice, «perché negare?» — dice — è un atteggiamento «da persona piccola piccola».
Lui nega ancora, guarda il questore di FdI Paolo Trancassini, sostiene che «è tutto folle, roba da pazzi». Lei taglia corto: «Vabbé, ne parleremo…». Lui allora si avvicina a pochi centimetri da Giuli e alza il tono della voce: «Mi stai minacciando? Mi stai minacciandooo?».
«Se per te parlare è minacciare — la risposta — mi arrendo». Trancassini capisce che è troppo, interviene: prende per un braccio la sorella del ministro. E la porta via. Un minuto dopo, Alessandro Giuli ricompare assieme ad Antonella e dice: «Lasciatemi fumare con la mia presidente ».
La faida è iniziata. O meglio: adesso è troppo violenta per restare nascosta. Perché la caduta di Francesco Spano non chiude questa storia. A rischiare, adesso, è direttamente Giuli.
Dopo le dimissioni del capo di gabinetto, deve andare a Palazzo Chigi. Sente l’assedio, attorno. Teme imboscate, dalla pancia del ministero. Ufficialmente, lo riceve Alfredo Mantovano. Minuti prima dell’incontro gira però un’altra indiscrezione: in realtà vedrà riservatamente Giorgia Meloni (lei, in serata, negherà il colloquio).
Il ministro deve spiegare ai vertici del governo se c’è altro da temere.
Se altro sta per uscire. Se può reggere all’urto di altre rivelazioni. Sembra il copione del caso Sangiuliano. Come non bastasse, c’è da scegliere il successore di Spano. Non accetterà, spiega a Mantovano, forme di «commissariamento». Volessero imporgli un sostituto, reagirebbe con le dimissioni.
Questo è in effetti un punto cruciale: chi comanda, adesso, chi guida la partita. Ad imputare a Giuli le ultime mosse — la cacciata di Francesco Giglioli, la scelta di Spano — è in primo luogo Giovanbattista Fazzolari. Fino a ieri, dal cerchio magico meloniano si accontentavano di commissariare Giuli. Ora dicono: potrebbe non bastare affiancargli un capo di gabinetto fedele a Palazzo Chigi. Tradotto: se necessario, potrebbero costringerlo a lasciare.
Tutti sono sotto esame, tutti temono il vicino di partito. Rischia addirittura Emanuele Merlino, capo della segreteria tecnica di Giuli — non uno qualunque, lo stratega del kulturkampf di Giorgia Meloni, che ha teorizzato in un documento intitolato Controegemonia — lasciato in dote da Sangiuliano su indicazione di Fazzolari. Aveva il compito di monitorare la situazione, ora traballa perché dopo il “caso Boccia” non ha evitato neanche il “caso Spano”.
alessandro giuli alla camera foto lapresse 4
Veleni, ancora. Tutti a rincorrere la prossima rivelazione. Alla Camera prende corpo una suggestione, che al momento però manca ancora di una conferma ufficiale: come non mancassero i problemi, ci sarebbe anche una chat dei parlamentari pro-vita in cui si ironizza sulla nomina di Spano da parte di Giuli.
Messaggi privati, dunque scritti senza troppa diplomazia. Alcuni, imbarazzanti, firmati da un big del partito di cui viene fornito l’identikit: donna, membro del governo, da sempre a destra. E poi c’è anche la contraerea, quella degli amici di Giuli. Sostengono innanzitutto che dietro alla prossima puntata di Report ci sia una vendetta che nasce dentro FdI. Che a costruire un clima ostile al ministro avrebbe collaborato tra gli altri anche Sangiuliano
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