Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per www.repubblica.it
Vecchio pirata reazionario, Viktor Orban. Il bicchiere panciuto che odora di cognac è vuoto, la hall dell’hotel Stanhope deserta. Il padrone d’Ungheria non vuole andare a dormire. Si rilassa sulla poltrona. Attorno, il portavoce e tre consiglieri. Annuiscono spesso. A pochi metri, la scorta che lotta contro il sonno.
A un certo punto, mancano cinque minuti alle due del mattino, Orbán si alza. Si avvicina al tavolo verde del biliardo. Non ha voglia di giocare a carambola, ma accetta di fermarsi con due cronisti, tra cui quello di Repubblica. È vero, domandiamo, che dopo le elezioni entrerà nei Conservatori di Giorgia Meloni, Orbán? È pronto? “L’idea era di entrare già prima, ma a questo punto lo faremo dopo le elezioni. Comunque la risposta è sì, siamo pronti ed entreremo nei Conservatori”.
GIORGIA MELONI AL TAVOLO CON VON DER LEYEN, MICHEL, MACRON, ORBAN E SCHOLZ
Il contratto tra sovranisti è siglato. Deciso nonostante la prudenza degli amici, che in queste ore ancora si mostrano cauti: “Vedremo, decideremo, valuteremo”. E soprattutto di Giorgia Meloni: “Orbán nel gruppo Ecr? È un dibattito aperto, ma non è un dibattito di questi giorni, eventualmente è un dibattito che si aprirà dopo le Europee”. Non è il momento di farsi fotografare troppo con un leader che in questo momento gode di pessima stampa nel resto delle Cancellerie del continente.
[…] Di solito si diverte a bruciare sul tempo alleati e avversari, il nazionalista che parla con Vladimir Putin e gli americani. Stavolta ad annunciare una svolta, “dopo le Europee entreremo nei Conservatori europei”, che gli altri tengono nel congelatore, tentennando per non complicare (e complicarsi) la campagna elettorale delle Europee.
Sancisce un’adesione che la sua antica alleata italiana Meloni considera ancora tutta da costruire, almeno quando si espone pubblicamente. Per Orbán il discorso è già chiuso. E d’altra parte, l’adesione all’Ecr è un tassello di una mediazione che comprende anche il via libera alla revisione del bilancio europeo, quello che contraddice le promesse di barricate contro Kiev a cui non voleva più concedere un euro.
E però, prima ancora dei Conservatori ci sarebbe la storia di Ilaria Salis. L’Italia è in angoscia, l’Ungheria ha un problema serio con lo stato di diritto. E le immagini della detenuta in catena hanno mobilitato anche l’Europarlamento.
Giorgia Meloni Viktor Orban Mateusz Morawiecki
Domandiamo, ma ne ha parlato poco prima lasciando l’hotel Amigo. La posizione non cambia, è quella che non prelude a imminenti svolte positive per la ragazza di Monza detenuta a Budapest: “Salis in catena? In Ungheria tutti vengono trattati allo stesso modo. Comunque il sistema giudiziario non dipende dal governo, ma dal Parlamento. Quello che ho potuto fare stasera è raccontare tutti i dettagli a Meloni sulla detenzione. E posso inoltre esercitare una influenza perché abbia un equo trattamento’’. Come a dire: posso agire solo per assicurare una detenzione regolare: ‘’Tutti i diritti sono garantiti’’. In Ungheria, si intende. Sono le due. Orbán saluta, cortese. Guarda il tavolo da biliardo, ci pensa un attimo. Poi scuote la testa. “Too late”.