Estratto dell’articolo di Stefano Folli per “la Repubblica”
MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI
Ci sono due partite che si giocano all’interno del centrodestra in questo scorcio d’autunno. Della prima abbiamo prove abbastanza evidenti, della seconda alcuni indizi non trascurabili. Prendiamo il dinamismo di Matteo Salvini, ormai senza freni dopo la vittoria di Trump. Come se fosse il proconsole italiano del neo presidente, Salvini cavalca l’onda nel linguaggio e nelle azioni.
Certo, la versione di Trump da lui imitata è la più rozza ed estremista, quasi caricaturale, ma anche la più congeniale alle mosse di corto respiro a cui si dedica il leghista. Non a caso il termine fascistoide «zecche rosse», usato a proposito degli scontri di Bologna, indica un salto di qualità nella polemica.
Ma c’è molto d’altro, soprattutto nell’asprezza degli attacchi alla magistratura, sfruttando fino in fondo l’eco del processo siciliano in cui, come noto, Salvini è imputato. L’ex frequentatore del vecchio Leoncavallo, il centro sociale milanese progenitore di tanti più recenti, pensa che questa sia forse l’ultima occasione prima di scivolare nell’irrilevanza, quale alleato minore di una coalizione in cui il potere è a palazzo Chigi.
matteo salvini giorgia meloni.
Non è strano allora che il vero bersaglio […] delle intemperanze salviniane sia Giorgia Meloni. Più la premier tenta di ritagliarsi un ruolo di rispettabile donna di governo, a cominciare dal rapporto con gli Stati Uniti nel passaggio epocale da Biden a Trump, più il capo leghista cerca di risucchiarla verso un radicalismo d’estrema destra.
[…] sceglie in modo consapevole la via estremista perché è la più breve per indebolire, se non delegittimare, la sua partner agli occhi del nuovo interlocutore americano. Da lui inquadrato […] alla stregua di un nemico giurato dell’Unione europea e di un amico, o meglio di un complice di Putin. Entrambi tali giudizi hanno bisogno di una controprova, ma intanto possono servire per alimentare le frizioni e le ambizioni domestiche.
A TRATTORE FATALE - MEME BY EMILIANO CARLI
Questo è il primo livello dei giochi all’interno del centrodestra. Poi c’è il secondo livello. La fedeltà alla Nato ribadita dalla presidente del Consiglio nell’incontro con il neo segretario generale Rutte. La solidarietà all’Ucraina rinnovata ancora pochi giorni fa, a differenza di quanto ripete l’ungherese Orbán. Toni simili, per quanto riguarda l’Italia e l’Alleanza atlantica, a quelli usati più volte dal presidente Mattarella.
Si dirà, per quanto riguarda palazzo Chigi, che sono posizioni facilmente reversibili se dovesse presentarsi la convenienza. Può darsi, ma la politica estera si fa a palazzo Chigi e alla Farnesina, non nei comizi di una Lega che è di Salvini ma ormai anche di Vannacci.
[…] Salvini punta a radicalizzare in tutti i modi lo scontro politico; Meloni non si tira indietro, ma guarda a un’Italia moderata […] desiderosa di non essere stressata ogni giorno da una politica ansiogena.
Conclusione. Può darsi che il presidente del Senato abbia solo voluto fare una cortesia a Maurizio Lupi, quando ha auspicato per lui la candidatura a sindaco di Milano nel centrodestra. In realtà è qualcosa di più. La Russa conosce bene la sua città e conosce gli obiettivi di Giorgia Meloni. Non solo non c’è alcun desiderio di lasciare palazzo Marino a Salvini, ma s’intuisce l’interesse rivolto a guadagnare spazio elettorale tra i ceti più razionali e rappresentativi di una certa tradizione cittadina. […]