Articolo di Tommaso Rodano e Giacomo Salvini per “il Fatto Quotidiano” - Estratti
Lunedì pomeriggio, interno Senato. L’aula è semivuota. Ci sono una manciata di parlamentari. D’altronde non sono previsti voti, solo la discussione generale al decreto Omnibus. Seduta sonnolenta. Ma ci pensa il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo a creare scompiglio.
Chiede la parola per intervenire sull’ordine dei lavori e spara: “Devono essere chiarite le procedure di ammissibilità degli emendamenti, prima decideva il presidente della Commissione e il presidente del Senato: ora c’è un ulteriore parere che arriva da istituzioni superiori…”.
Silenzio. Gelo in aula. Tra i banchi del governo c’è solo la sottosegretaria all’Economia di Forza Italia, Sandra Savino. L’intervento passa sotto silenzio, nessuno se ne accorge. Ma con chi ce l’ha Romeo? Il capogruppo non lo esplicita direttamente, ma l’obiettivo è chiaro: il Quirinale e, in seconda battuta, il governo. Gli uffici del Colle, è l’accusa velata, hanno travalicato le proprie prerogative sottomettendo il Parlamento.
Il decreto Omnibus – chiamato così perché ci viene inserito di tutto nonostante la Costituzione, di fatto, lo vieti – era stato approvato in commissione domenica in fretta e furia perché scade l’8 ottobre e deve ancora fare un passaggio parlamentare alla Camera. Contiene alcune norme tra cui i 100 euro per i lavoratori nelle tredicesime, il finanziamento delle Zes e il concordato preventivo biennale, una sorte di condono mascherato.
I tempi rapidissimi però hanno portato a uno scontro tra le forze di maggioranza nella fase di discussione: sui 700 emendamenti presentati da tutti i partiti, ne erano stati “segnalati” circa 100 e, dopo un’ulteriore scrematura, su 40 considerati prioritari ne sono stati approvati solo 8. Il governo ha invitato i partiti di maggioranza, soprattutto Lega e Forza Italia, a ritirare gli emendamenti per “estraneità di materia” o per mancanza di coperture economiche. Questo non è successo ma le proposte di modifica sono state “cassate” lo stesso.
Da qui la protesta pubblica di Romeo. Che ha attaccato indirettamente il Quirinale: “Segnalare prima alcuni emendamenti per poi dopo sentirci dire che alcuni non vanno bene, perché ci sono delle legittime istituzioni che possono intervenire e fare delle valutazioni, pone un problema di procedura che mi piacerebbe approfondire, magari in un’apposita conferenza dei capigruppo. Questa è una prerogativa del Parlamento”.
MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI
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Una fonte leghista di primo piano spiega che l’obiettivo dell’invettiva di Romeo era il Colle ma anche il governo che, ormai, si “trincera” dietro il Quirinale per bocciare gli emendamenti di maggioranza.
Lo scontro quindi diventa istituzionale. Fonti di governo fanno sapere che ci sarebbero stati contatti informali tra gli uffici giuridici del Quirinale, Palazzo Chigi e il Tesoro per evitare che il decreto contenesse materie troppo disomogenee e il presidente Sergio Mattarella dovesse intervenire con un richiamo pubblico.
Tant’è che ieri a Romeo ha risposto il ministro dei Rapporti col Parlamento Luca Ciriani di Fratelli d’Italia: “Abbiamo fatto un lavoro composito e non semplice che per quanto riguarda il governo si è basato sul confronto e sul dialogo, perché riteniamo che il rispetto di tutti i livelli istituzionali sia fondamentale”. Come dire: abbiamo tutelato il Quirinale. Ieri il Senato ha approvato la fiducia al decreto con 98 “sì”.
Secondo l’ultimo report di Openpolis la quota di decreti classificati come omnibus consiste nel 40% del totale: 27 su 68. Ma Mattarella finora è intervenuto relativamente poco, quattro volte in due anni:
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