FONTANA CAMICE DI FORZA – BY BOCHICCHIO
1 – «IL NOSTRO FEUDO PUÒ FRANARE» IL PIANO DELLA LEGA IN ALLARME: VIA SALVINI PREMIER DAL LOGO
Emilio Pucci per “il Messaggero”
«Il feudo della Lombardia può crollare». E' scattato da giorni l' allarme nella Lega sulla tenuta di Fontana. I sondaggi che vanno giù, il rumore' dei nemici, le trappole disseminate dagli avversari, la stanchezza del governatore, gli affondi giudiziari: «E' la tempesta perfetta, ma per noi la Regione è troppo importante, non possiamo cedere di un millimetro», dicono dalla Lega. Si preparano le contromosse.
Oltre all' ipotesi del rimpasto c' è un piano per puntellare sin da subito la giunta traballante, affiancando agli assessori dei professionisti del mondo del lavoro, tecnici in grado di rilanciarla. «E' chiaro che c' è l' obiettivo di affossarla», il refrain.
roberto maroni attilio fontana matteo salvini
A settembre ci sarà dunque un piano Marshall', interventi che verranno bissati a fine anno da un' altra tranche di lavori per 4 miliardi. Ma è inutile girarci attorno, i big del partito di via Bellerio sono preoccupati per come andrà a finire il caso camici' e per come sarà accolta la storia del conto milionario in Svizzera del governatore.
Salvini difende il suoi uomo, nei giorni scorsi ha chiesto un quadro preciso dell' inchiesta ma non ha mai pensato di mollarlo, neanche per un secondo. Solo che il leader è a sua volta nel mirino della magistratura.
matteo salvini attilio fontana
Ed ecco che il timore dei lumbard è doppio: nessuno - neanche Giorgetti che non è andato a Milano Marittima all' appuntamento tradizionale con il Capitano per rifugiarsi un paio di giorni dalle parti di Genova e partecipare domani all' inaugurazione del ponte di Morandi pensa di distaccarsi da Matteo. Il capo è lui e non si discute. Più che altro si dibatte dietro le quinte sul suo ruolo.
IL RUOLO SOTTO ESAME
«Il problema è che Matteo è troppo divisivo, chiaramente è avvertito da tutti come l' anti-sistema. Va bene come capo politico ma dovrebbe dire che non è lui il candidato premier. E anche aver fondato il marchio Lega per Salvini premier' è stato un errore», dice chiaro e tondo un big del partito di via Bellerio. Molti di quelli che ragionano non d' istinto nel Carroccio la pensano allo stesso modo: ad ognuno la propria veste, la salvinizzazione' del partito rischia di essere alla lunga un autogol.
Ma il segretario nell' occhio del ciclone, al di là del nervosismo crescente di questi giorni, ci è sempre finito. In realtà anche nella maggioranza ipotizzano che Salvini indossando i panni del martire possa crescere nei consensi.
i movimenti del conto svizzero di fontana - fonte domani
«Le elezioni del 20 e 21 settembre è il giudizio unanime nel Carroccio saranno il vero banco di prova. Vedremo se l' effetto isolamento ci premierà». «Non ci penso a mollare, gli italiani faranno giustizia con il voto», dice l' ex ministro dell' Interno tra un bagno e un selfie dalla riviera romagnola. Insomma il brand' non si tocca. Salvini si butterà sulla campagna elettorale. Oggi nei gazebo allestiti per il tesseramento i militanti in molte piazze organizzeranno dei flash mob per fare da scudo a lui e a Fontana.
«E' chiaro che stanno tentando in tutti i modi di dividerci», il ragionamento del segretario. «Attilio è una persona onesta. Qualcuno lo ha fregato, servendosi del cognato», rilancia un altro dirigente del partito. «Ha commesso degli errori, è stato fatto un pasticcio ma non c' è dolo», il parere generale di deputati e senatori.«Nel periodo nero dell' emergenza trovare i camici era un miracolo. Adesso è facile criticarlo», azzarda un altro parlamentare.
CACCIA APERTA
E il governatore? Lo descrivono amareggiato, si è fatto avanti ai tempi della candidatura per «spirito di sacrificio»: «Avessi continuato a fare l' avvocato non avrei subito questi attacchi», lo sfogo con chi lo chiama. Intanto nella Lega è partita la caccia ai colpevoli'.
alberto bagnai giancarlo giorgetti
C' è chi punta il dito contro gli ex formigoniani, chi su Maroni che questa la tesi «furbescamente» starebbe brigando per tornare in sella, chi contesta gli alleati Berlusconi e Meloni che «sorridono ma non ti danno una mano». E chi dalla vicenda ne ritaglia un quadro complessivo: contro c' è l' Europa, ci sono i giudici ma anche le manovre di palazzo «con Iv che prima promette e poi si sfila» e con «FI che fa gli accordi sotto banco con Renzi».
«Si è superato il livello di guardia», taglia corto un salviniano. Ma il pericolo crollo lombardo è ben visibile a tutti. «Il fatto è che sospira un altro leghista - Fontana e l' amministrazione lombarda non erano preparati a quello che è successo e non sono avvezzi a rispondere alle toghe».
L' argine è Salvini, se regge il suo brand' la Lega potrà evitare il sorpasso di FdI o di trovarsi in casa un problema Zaia che veleggia verso il 40% e oltre in Veneto. Finora la gestione della Lombardia prima con Maroni e poi con Fontana era uno dei fiori all' occhiello. Ma se cade il feudo è un' altra storia.
2 – MA PER I SONDAGGISTI LA CRISI DEL CAPO POLITICO PUÒ AZZOPPARE IL PARTITO
Diodato Pirone per “il Messaggero”
«I leader politici? Hanno una doppia vita perché gli italiani li vivono emotivamente: all' inizio se ne innamorano e li innalzano ad alti livelli di consenso poi l' amore finisce in tempi rapidi e il consenso cala. Ovviamente questa non è una legge scritta nella roccia. I cicli sono diversi da leader a leader e da partito a partito ma i tempi durante i quali un leader durava 20 anni sono finiti con la parziale eccezione di Silvio Berlusconi».
Il sondaggista Antonio Noto prova ad analizzare la parabola della Lega di Matteo Salvini che sembra ricalcare, sia pure con forti differenze, quelle di altri leader come Matteo Renzi o, ad altri livelli, performance come quelle di Di Pietro o di Mario Monti.
«Va subito detto che il caso Salvini non è affatto risolto - chiosa Noto - Come sappiamo la Lega viene data intorno al 25% che sono 8 punti meno del 33% raggiunto alle europee ma anche 8 punti in più rispetto alle politiche del 2018. Insomma starei attento a pronunciare sentenze liquidatorie».
i movimenti del conto svizzero di fontana - fonte domani 1
Anche Enzo Risso analista politico e docente di teoria dell' Audience alla Sapienza sottolinea che i cicli dei leader sono diventati più veloci negli ultimi anni. «Ma è assolutamente presto per capire se l' appannamento della leadership di Salvini degli ultimi mesi è un dato definitivo. A me pare che le molle che hanno spinto la grande crescita del consenso della Lega siano rimaste sostanzialmente intatte. Mi chiedo in estrema sintesi che cosa succederebbe se il fenomeno migratorio dovesse riprendere quota».
GIULIO GALLERA ATTILIO FONTANA BY CARLI
MICROLEADER ALLO SBARAGLIO
Secondo Risso inoltre la figura del leader resta centrale per il successo di un qualsiasi progetto politico. «Si tratta di un equilibrio delicato e continuamente in mutazione - spiega Risso - Ma il modello che ha funzionato meglio negli ultimi anni è sicuramente quello di un partito organizzato che trova in un leader colui che incarna la missione del partito stesso. Tutte le volte che questo equilibrio è stato trovato i risultati elettorali sono arrivati ma poi questo stesso equilibrio va confermato».
matteo salvini silvio berlusconi
Il riferimento di Risso va sia ai casi eclatanti di Renzi e poi di Salvini ma anche a quelli di Di Pietro e di Monti che sia pure in stagioni diverse e con tempi non confrontabili hanno messo in piedi delle strutture politiche che poi non hanno retto alla crisi della loro leadership.
Secondo Risso un caso a parte è quello dei leader dell' area centrale del quadro politico. «Qui si registra un eccesso di micro-leaderismo - sottolinea Risso - In quest' area ormai si contano 18 formazioni, anzi 19 con l' ultimo partito di Paragone. Si va da Parisi a Lupi dagli ex Ncd agli Udc, da ex Forza Italia a ex 5Stelle in Liguria. Li siamo alla frammentazione leaderistica».
«Il leader è fondamentale per un partito ma senza partito un leader non va lontano - sottolinea il politologo Piero Ignazi - Il caso delle Lega è emblematico perché il partito, che è ben organizzato non solo sul fronte dei sindaci ma anache della militanza territoria, ha avuto due grandi cicli leaderistici, quello di Bossi e ora quello di Salvini che sta avendo i suoi alti e bassi».
Fuori dal binomio partito- leader non c' è molto, secondo la visione di Ignazi. «Ma basta guardare a quanto sta accadendo a Macron - dice il politologo - ha conquistato praticamente da solo la presidenza della Repubblica Francese, ha vinto anche le legislative ma non è riuscito a costruire una organizzazione ben strutturata e il risultato è stato il suo totale fallimento alle recenti comunali dove praticamente socialisti, verdi e lepeniani gli hanno lasciato le briciole». Un altro caso di leaderismo che senza un sostegno radicato è quello di Donald Trump, negli Stati Uniti.
Trump ha conquistato la leadership sul campo battendo anche i candidati ufficiali dell' establishment repubblicano ma poi lo stesso partito conservatore americano, molto indebolito, si è legato al leader sia pure in un rapporto amore-odio e ora rischia di pagare le conseguenze della sua crisi.
GIANCARLO GIORGETTI E CLAUDIO BORGHI