Wanda Marra per il “Fatto quotidiano”
Un italiano inviato speciale per la Libia: ad annunciarlo era stato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, lo scorso 17 dicembre, dopo la sua missione nel Paese, dal generale della Cirenaica, Khalifa Haftar e dal premier del governo di Tripoli, Serraj. La decisione era stata presa insieme al premier Giuseppe Conte. Che non a caso ieri l'ha ribadita in un'intervista al Foglio. La rosa dei possibili candidati, date le competenze richieste, è molto ristretta.
Anzi, l'unica figura che parrebbe avere sia un'investitura generale, sia il physique du rôle è Marco Minniti. L'interessato (che ha fatto un' intervista a La Stampa martedì, per dire la sua sul dossier libico) ostenta ignoranza rispetto alla pratica che lo riguarda. Da bravo comunista non si espone, ma che la Libia sia una delle sue principali passioni è un dato insindacabile. Nel governo Renzi aveva la delega ai servizi segreti, in quello Gentiloni è stato ministro dell'Interno, con esplicita delega sulla Libia. E con il compito preciso di tenere i rapporti anche con Haftar. Due ruoli centrali.
al serraj haftar giuseppe conte
Perché non è un mistero per nessuno che buona parte della politica in Libia la gestiscono i servizi segreti. E poi, a inaugurare la politica di stop agli sbarchi era stato lo stesso Minniti dal Viminale. Con voci - sempre smentite - che lui i trafficanti li pagava. Sempre lui nel dicembre 2017 aveva portare a Roma i capi delle tribù libiche. L'ex ministro in più di un'occasione ci aveva tenuto a dire che con Serraj l'Italia non poteva non firmare un accordo con lui perché era rappresentante della comunità internazionale, ma che il rapporto con Haftar era altrettanto forte.
A lanciare ufficialmente la candidatura di Minniti è stato martedì il socialista, Frans Timmermans su Repubblica. Ancora. In questi giorni, la necessità di tenere aperto un canale con Haftar è riconosciuto da tutti, anche in Europa. Mentre si parla della necessità di rinvigorire la missione Sophia. Che vedeva l'Italia protagonista con Minniti al Viminale.
A Bruxelles, il dossier non è ancora ufficialmente sul tavolo. Anche perché prima bisogna definirla la missione europea, che vista da lì sembra particolarmente difficile, per le rivalità tra Italia e Francia. Ma il nome di Minniti circola.
Così come circola alla Farnesina. E nel Pd di governo. D' altra parte, in questo momento il più vicino a Giuseppe Conte nella gestione dei dossier internazionali è il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Minniti come inviato speciale sarebbe un altro modo per il premier di blindarsi sul fronte dem.
Certo, a quel punto il ruolo di Di Maio verrebbe ridimensionato. Ma questo per il premier potrebbe non essere uno svantaggio. Negli ultimi mesi, non sempre la coabitazione tra i due - anche in politica estera - è stata semplice. Sia per le posizioni variegate dentro i Cinque Stelle sia per una discreta rivalità rispetto anche alla rispettiva visibilità. Gli animi sono particolarmente surriscaldati dopo l'incontro saltato con Serraj, con sospetti incrociati sulla fuga di notizie sugli incontri con i due protagonisti della crisi libica.
Il premier ha convocato Di Maio per un colloquio sui Libia e Iraq. Guerini (in collegamento telefonico) è intervenuto sulla parte dell'Iraq (aveva una telefonata in contemporanea con l'omologo tedesco). Nessuna ipotesi di ritiro per quanto riguarda i contingenti italiani. Fatta salva la sicurezza. Anche di questo ha parlato ieri Conte nella telefonata (di circa un'ora) con il presidente iraniano, Rohani.
Da Palazzo Chigi fanno filtrare che al centro del colloquio ci sono state le relazioni bilaterali e la sicurezza. L'Italia voleva essere sicura del gradimento della presenza italiana in Iraq. Cosa che avrebbe ottenuto. Una (parziale) garanzia rispetto al rischio di essere un obiettivo di attacchi.
Sul sito della presidenza iraniana si riportano le parole di Conte ("L'Italia ha fatto tutto il possibile per ridurre le tensioni e promuovere la pace e la stabilità nella regione") e la richiesta dello stesso Rohani ("La Ue dovrebbe essere indipendente dalle politiche statunitensi").
Il premier continua la sua attività diplomatica: l'agenda è in via di perfezionamento, ma tra lunedì e martedì dovrebbe andare in Turchia, negli Emirati e in Egitto. Quello che invece è saltato (ora sarebbe in agenda per martedì), è il vertice di stamattina con maggioranza e opposizione sulla politica estera. Con il centrodestra che accusa Conte di una gestione fallimentare del dossier libico, non è il momento migliore.