Carlo Bertini per “La Stampa”
«Se Salvini davvero inseguisse l'escalation e mollasse il governo, andremo avanti con Forza Italia, che non lo seguirebbe». È questa la previsione ai piani alti del Pd, dove pur leggendo sulla Stampa le rassicurazioni di Salvini, («la Lega non ha intenzione di creare dei problemi a questo esecutivo»), non si fidano.
Sorpasso di Fdi, primo partito
I dem vedono il Capitano accecato dal timore della Meloni, esasperato dalle voci dei sondaggisti, che già darebbero Fratelli d'Italia primo partito, con un sorpasso decisivo.
Voci avvalorate dalla frase, «mi preparo a governare la nazione», buttata lì nello studio tv di Lucia Annunziata, insieme alla presa di distanze da Salvini su Draghi prossimo capo dello Stato, «non ho elementi per decidere». Come di chi non vuole correre alle urne prima di aver consolidato la sua leadership nella coalizione di centrodestra.
Forza Italia resta al governo
Fibrillazioni a destra che il Pd sfrutta appieno. La frenata di Salvini (aggiustata ieri) alle riforme chieste dal Pnrr, per i dem, «è un frontale con Draghi» dovuto ad un «errore di metodo»: per provare ad addossarne agli altri il fallimento, se ne intesta il sabotaggio. «Ma che problemi ha Salvini con i fondi europei?», lo provoca Beppe Provenzano, numero due del Pd. «Sabota le riforme per ottenerli.
Se non li vuole, si dimettano i ministri leghisti chiamati a gestirli». Salvini dice che su una «buona riforma della giustizia» sarebbero Pd e 5s a bloccare tutto, seguito da Antonio Tajani, che vuol vedere cosa faranno i giallorossi.
MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI ANTONIO TAJANI
Garantendo però che Forza Italia non si tira indietro. E la dem Rossomando subito bolla come «isolato» dai suoi il Capitano.
Draghi infastidito
Ma il problema non scuote il premier, consapevole che i partiti sono portati a scontrarsi in vista del voto nei comuni: Draghi è infastidito da queste diatribe, ma è altrettanto certo che tiri dritto senza curarsene.
Tanto per capire: la ministra Cartabia ha presentato i suoi progetti ai membri della commissione Giustizia della Camera, dove è già incardinata la riforma del processo penale e del Csm. Agli interventi di esponenti dem e 5stelle, ha fatto da contraltare il silenzio prudente della Lega. «Come a volersi tenere le mani libere - racconta uno dei partecipanti - in attesa di ordini».
Atteggiamento che non impensierisce il governo, che già sta predisponendo emendamenti e una serie di testi, sulla base del lavoro di commissioni di esperti incaricate dalla Guardasigilli. Pesa l'assenza del Cavaliere Il Parlamento procede dunque sulle riforme di giustizia e fisco chieste dall'Europa per concedere i soldi del Recovery. E nessuno fermerà questo treno.
Primo, «perché Draghi ci ha messo la faccia e andrà fino in fondo», scommettono i dem. Secondo perché, anche senza il Carroccio, il governo andrebbe avanti con la cosiddetta «maggioranza Ursula», di giallorossi insieme agli azzurri. «Sulle intemperanze di questi giorni pesa anche l'assenza di Berlusconi dal proscenio», scuotono la testa i parlamentari del Pd.
In ogni caso ai voleri di Bruxelles sulle riforme bisogna sottostare. «Ci sono increspature nella maggioranza - conviene l'ex ministro Gualtieri - Salvini dice di no alle riforme. Forse non ha capito che così perderemo i soldi, ma il Pd è il baricentro e la garanzia che l'Italia non perderà la straordinaria chance del Pnnr».