Luigi Ippolito per il “Corriere della Sera”
stazione manchester piccadilly
«Bentornati negli anni Settanta!»: così i giornali britannici hanno salutato una settimana che ha visto il più grande sciopero dei trasporti da decenni a questa parte. Ieri la rete ferroviaria è stata paralizzata in tutto il Paese e a Londra si è aggiunto pure il blocco della metropolitana.
Risultato: traffico impazzito, uffici deserti, batosta per gli esercenti che ancora non si sono ripresi dalla pandemia, studenti alle prese con la Maturità che non riuscivano ad arrivare a scuola, appuntamenti medici saltati. E lo sciopero dei treni andrà avanti per tutta la settimana, con i disagi che cresceranno in maniera esponenziale.
Ma non è finita qui: perché si annuncia una «estate dello scontento». Nelle prossime settimane sono pronti a incrociare le braccia gli insegnanti, il personale sanitario e perfino gli avvocati penalisti: insomma, una Gran Bretagna in preda al caos.
Il motivo è sempre lo stesso: la richiesta di aumenti salariali che tengano il passo con l'impennata del costo della vita. Ormai l'inflazione in Gran Bretagna è prevista all'11 per cento e la gente comincia a far fatica ad arrivare a fine mese. In particolare, le bollette energetiche sono schizzate alle stelle mentre ormai fare il pieno di benzina è diventato un lusso.
Il fenomeno dell'inflazione che rialza la testa interessa tutto il mondo industrializzato, ma a Londra la corsa dei prezzi è particolarmente precipitosa: c'entra un'economia basata sulle importazioni ma anche l'attrito commerciale causato dalla Brexit. Il risultato è che la Gran Bretagna appare di nuovo come il «malato d'Europa»: e infatti le previsioni di crescita sono le più basse fra i Paesi sviluppati, con l'eccezione della Russia sottoposta a sanzioni.
La Banca d'Inghilterra sta combattendo l'inflazione a colpi di rialzi dei tassi, ma è una strategia che serve a poco contro un'inflazione che è soprattutto importata: e una conseguenza immediata sulla gente è il rincaro dei mutui, che qui accendono praticamente tutti.
Il governo avverte che bisogna evitare di cadere in una spirale prezzi-salari-prezzi, che non farebbe che peggiorare le cose: e infatti ieri Boris Johnson ha esortato la gente a «mantenere la rotta». Ma quando c'è chi deve scegliere se riscaldare la casa o mangiare, sono appelli che suonano stonati.
È una tempesta perfetta che richiama alla mente gli anni Settanta: quando la Gran Bretagna era paralizzata dagli scioperi, l'immondizia si accumulava nelle strade di Londra perché nessuno la raccoglieva e le famiglie cenavano a lume di candela perché l'elettricità era razionata.
La differenza è che allora arrivò Margaret Thatcher a dare una scossa al Paese e a salvarlo da un declino che appariva inevitabile. Adesso al timone c'è un Boris Johnson fatalmente indebolito, che ha perso la fiducia di una buona fetta del suo stesso partito e soprattutto dell'elettorato: non si vede dunque dove possa trovare l'energia politica per tentare il rilancio. Il governo vive alla giornata, reagendo agli eventi ora per ora: ma non si profila un'alternativa, tantomeno da parte di un fiacco partito laburista. Se solo all'orizzonte ci fosse Maggie...