Emanuele Buzzi per il “Corriere della sera”
conferenza stampa su reddito di cittadinanza e quota 100 25
Una giornata sull' orlo del precipizio. Luigi Di Maio vive ventiquattrore tra le più difficili del suo percorso politico da quando è al governo. La bocciatura della mozione M5S sulla Torino-Lione, le ore frenetiche successive con la richiesta di rimpasto di Matteo Salvini e l'assemblea congiunta dei gruppi parlamentari su cui aleggia una mozione critica nei confronti del capo politico pentastellato.
La guerra fredda sulla Tav mette a nudo i nervi del governo. Di Maio si tiene lontano dai battibecchi tra il vicepremier leghista e Danilo Toninelli e sceglie il basso profilo per tutta la giornata. In un primo momento pensa di comunicare il suo pensiero sull' esito della votazione al Senato con un post sui social network, poi frena. Il tam tam di un affondo della Lega con richieste mirate incalza e l'inner circle del Movimento si chiude in riunioni fiume e un silenzio (pomeridiano) sempre più criptico.
A poche centinaia di metri si riuniscono dopo il ko parlamentare i senatori Cinque Stelle. L'idea di un documento da presentare in assemblea serpeggia e, di ora in ora, cresce. Si parla di una mozione che impegni il capo politico a cedere incarichi e a valutare se proseguire o meno nell' esperienza di governo. «Non si tratta di una mozione di sfiducia», si affretta a dire un pentastellato. Intorno a metà pomeriggio ci sono dei ripensamenti, si teme che non ci siano i numeri per far passare la proposte e che sia il momento sbagliato perché «l' obiettivo non è indebolire Di Maio, ma tutelare il Movimento». Poi l' assise dei senatori dà il via libera.
Intanto Salvini raggiunge Palazzo Chigi e fonti del Movimento fanno trapelare le richieste di rimpasto del leader leghista. Quattro ministeri (Trasporti, Difesa, Salute ed Economia) in bilico. Il leader si chiude con i suoi. Una riunione a tre con Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro nel momento più delicato. Prende corpo l'idea di un rimpasto totale, che coinvolga anche la Lega. Ma il governo rimane appeso a un filo.
Di Maio si sfoga con i fedelissimi: «Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto e del nostro voto, coerente con i vostri valori», dice. Poi commenta le voci che si rincorrono: «Leggo di crisi evocate o altro sui giornali, per noi l'orizzonte è il taglio dei parlamentari. Lì capiremo veramente se c'è volontà di cambiare il Paese. Mi auguro che siano tutti d'accordo e di non vedere giochini...».
GIANLUIGI PARAGONE NICOLA MORRA
Le riunioni a Palazzo Chigi proseguono, si mette a punto una strategia, passate le 21 - quando i parlamentari sono già riuniti per l'assemblea congiunta - il leader decide di rinviare il summit (e la sua partecipazione). Le questioni di governo prevalgono. Ma dall'assemblea arriva il colpo di scena che chiude la giornata. Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia che ha incontrato Di Maio solo due giorni fa, lancia la proposta: «Vista la deludente esperienza di governo, direi di mettere in votazione su Rousseau se continuare o meno». Un passo che suona come un gong. Ma è solo la fine del round quotidiano: oggi si scioglieranno i nodi.