Estratto dell’articolo di Antonella Mascali per “il Fatto quotidiano”
Dall’opposizione, con Azione, il deputato Enrico Costa è stato il mentore del centro-destra sulla Giustizia con le sue proposte di legge e i suoi ordini del giorno tutti (o quasi) recepiti dal governo Meloni. Da una settimana è tornato nella sua vecchia casa politica, Forza Italia, lasciata nel 2020.
Un ritorno per molti scontato visto l’idillio per le battaglie comuni in nome di un asserito garantismo e i voti in Parlamento di Azione e Iv con la maggioranza sulle riforme della Giustizia.
Ma con il cambio di casacca adesso per Costa si pone un problema istituzionale dato che è il presidente della Giunta per le elezioni e le autorizzazioni a procedere della Camera ed ha quella carica perché fino a 7 giorni stava all’opposizione, come vuole la prassi parlamentare.
A Montecitorio dal 1996 in poi, il presidente è sempre stato di opposizione, con la sola eccezione di Roberto Giachetti, Pd, poi Italia Viva. Era presidente con il governo Conte 1 ed è rimasto presidente con il Conte 2 e con il governo Draghi, quello delle larghe intese. Idem al Senato: tutti presidenti di opposizione, con l’eccezione di Maurizio Gasparri, Fi, rimasto presidente sia con il Conte 2 sia con Draghi.
Il diretto interessato, il presidente Costa, interpellato dal Fatto Quotidiano, fa capire che amerebbe restare al proprio posto, dato che non c’è un obbligo di legge: “Se ci fosse un profilo regolamentare che imponesse un mio passo indietro non indugerei a farlo, diversamente sarebbe una rivendicazione politica del tutto legittima da parte di chi me lo dovesse chiedere ma non determina un automatismo”.
Ci potrebbe essere l’opportunità del passo indietro dato che la Giunta deve decidere spesso su autorizzazioni chieste dai magistrati per procedimenti che riguardano parlamentari e il deputato ha spiegato il suo rientro in Fi proprio in relazione alle sue posizioni sulla Giustizia notoriamente anti pm, a cui sogna anche di togliere l’uso del trojan nelle indagini contro la corruzione. “Con l’adesione” a Fi, ha detto, “proseguirò le battaglie garantiste”. E ricorda le “convergenze”, a cominciare dalla “separazione delle carriere”.
Costa è anche il padre del bavaglio ai giornalisti che non potranno pubblicare le ordinanze di custodia cautelare. Uscì vittorioso da un blitz natalizio alla Camera del 2022, quando fece inserire quella norma nella legge di delegazione europea, con il parere favorevole del governo Meloni. E, così, i giornalisti potranno virgolettare solo il capo di imputazione. Ammesso che riescano ad avere notizie dato che, sempre grazie a una idea di Costa, in Italia abbiamo la legge sulla presunzione di innocenza. È stata approvata quando ministra della Giustizia era Marta Cartabia.
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Il lavoro di Costa sulla Giustizia è davvero intenso. È sempre lui il promotore, ad agosto scorso, di un ordine del giorno al decreto carceri fatto proprio dal governo (nella forma un po’ più soft) che vuole impedire misure cautelari preventive per incensurati se il motivo è pericolo di reiterazione del reato, a meno che si tratti di reati di “grave allarme sociale” o che mettono a rischio la sicurezza” o “l’incolumità delle persone”. Quindi politici e colletti bianchi, di solito accusati di corruzione e dintorni verrebbero salvati dal carcere o dai domiciliari.