Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
E con oggi fanno duecentosettanta-cinque: 275 giorni che l’Istat, l’istituto statistico italiano, viaggia […] senza un presidente sicuro del suo mandato […] come se per il Paese con il quarto debito pubblico più vasto al mondo […] questo fosse un lusso di cui si può fare a meno. Il mandato dell’ultimo presidente, il rispettato demografo Gian Carlo Blangiardo, è scaduto il 4 febbraio. Poi lui è stato prorogato fino all’ultimo giorno possibile, il 22 marzo.
gian carlo blangiardo al meeting di cl a rimini
Quindi da maggio il governo ha nominato un presidente «facente funzione» nella persona, altrettanto competente, del demografo Francesco Maria Chelli. Questi esercita tutti i poteri del presidente al meglio, ma lo fa come d’autunno sugli alberi le foglie. Tutto questo perché il presidente dell’Istat va eletto alle Camere con una maggioranza rafforzata, che include voti dell’opposizione. Ma la ricandidatura di Blangiardo non raccoglie i consensi necessari e il governo non propone altri nomi.
Siamo dunque allo stallo messicano, nel quale non vorremmo che l’unico a restare sotto tiro alla fine fosse l’Istat stesso. Anche perché statistici indipendenti nel pieno delle forze, francamente, farebbero comodo. L’Italia è campione mondiale di creatività sui bonus fiscali. Di recente Eurostat, la controparte europea di Istat, ha notato che sul Superbonus alcuni sviluppi contabili hanno luogo «contrariamente a quanto affermato dalle autorità statistiche italiane» ed emergono «significative preoccupazioni in certe occasioni». Fosse magari la volta che ci concediamo un presidente dell’Istat. Ma bipartisan e autonomo, come sempre.